Il miracolo di Gareth Anscombe

Il calcio decisivo contro il Sudafrica ha completato una storia di rinascita personale davvero notevole

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Gareth Anscombe, Galles (ph. Reuters)

Quando Gareth Anscombe si è presentato sulla piazzola per la trasformazione del potenziale storico sorpasso del Galles sul Sudafrica, possiamo immaginare che la sua mente abbia fatto un giro molto lungo.

Prima tappa? Bilbao, 11 maggio 2018. Quella sera, Anscombe piazza da una posizione simile il calcio decisivo per regalare ai suoi Cardiff Blues la vittoria nella finale di Challenge Cup contro il Gloucester. Sapeva come farlo, insomma. Bisognava solo scavare in qualche ricordo del recente passato.

Flashforward a Londra, Twickenham, 11 agosto 2019. Durante un Test Match di preparazione alla Rugby World Cup contro l’Inghilterra, Anscombe riporta la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio. Addio ai Mondiali e sicuramente a gran parte della stagione. Un infortunio da cui, seppur lentamente, si ritorna praticamente sempre.

7 luglio 2020. Il ritorno in campo è ancora molto lontano. Dopo una riabilitazione di otto mesi, la situazione se possibile è “peggio di prima” a quel punto, racconterà Anscombe. Quel 7 luglio è il giorno dell’ultima speranza: un’operazione complicata, quasi disperata, in cui c’è bisogno di un pezzo di osso proveniente dallo scheletro di un’altra persona per completare il riallineamento del suo ginocchio.

Northampton, 10 settembre 2021. Con un pezzo di ginocchio di un estraneo nel suo, Gareth Anscombe torna in campo dopo oltre due anni dall’infortunio. Lo fa giocando poco più di una mezz’ora in una partita di pre-campionato degli Ospreys contro i Saints, a 761 giorni di distanza dall’ultima volta in cui ha messo piede in campo.

Bloemfontein, 9 luglio 2022.

Da quell’angolo che gli aveva dato gloria già nel 2018, l’arco della redenzione di Gareth Anscombe si chiude. Lo fa con la parabola di un calcio perfetto, in un contesto non esattamente favorevole e in una partita che il Galles ricorderà per molto tempo.

“La scorsa settimana erano due anni dall’ultima operazione – ha detto Anscombe dopo la partita – In quei giorni, non era una questione di se sarei potuto tornare a giocare, ma se sarei potuto tornare a correre”.

Per Anscombe, tutta questa esperienza ha avuto il merito di aprirgli gli occhi su alcuni aspetti della vita nel suo complesso. “È semplicemente strano vedere come gira il mondo. Quello sforzo e quel calcio sono stati il culmine del lavoro di molte persone. Sono contento di essere stato in grado di farmi trovare pronto quando dovevo per fare il mio lavoro. Forse ho trovato gli dei del rugby al mio fianco”.

“Sogni di vivere momenti del genere. Sentivo la mia gamba un po’ molle in quel momento, ma mi sono detto che non avrei voluto vedere l’ovale andare fuori dai pali”. Ma c’era un altro motivo per cui Anscombe non poteva permettersi di sbagliare proprio quel calcio, in quel momento. Il mediano d’apertura classe 1991, partendo per il tour in Sudafrica, ha dovuto rinunciare infatti ad assistere alla nascita del suo figlio Theo, che ha potuto vedere per la prima volta su FaceTime. Per ricompensare se stesso di una perdita così grande, doveva compiere qualcosa di speciale.

“Sarebbe carino fargli vedere quello che ho fatto tra dieci anni e dirgli che questo è il motivo per cui papà non c’era! Spero possa capire – ha detto Anscombe – Per quello che ho passato, è qualcosa che ricorderò per sempre”.

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