La vittoria dà fiducia ai Pumas in vista del Rugby Championship, e la Scozia è sempre allo stesso punto
Una serie che si è risolta oltre l’80’ dell’ultima partita, dopo 3 incontri diametralmente diversi nei quali Argentina e Scozia hanno fatto vedere il meglio e il peggio del loro repertorio.
I Pumas non sono parsi particolarmente brillanti, né ispirati, e l’impressione è che rispetto alle generazioni precedenti non ci sia poi così tanto talento a disposizione di Cheika, fatto sta che come sempre quando c’è da tirare fuori il 110% l’Argentina riesce sempre ad andare oltre l’asticella dei propri limiti.
Dall’altra parte, ancora una volta la Scozia arriva vicina al bersaglio, per poi mancarlo. È successo nell’ultimo Sei Nazioni, prima del quale Townsend aveva addirittura detto di puntare a vincere il torneo, ed è successo anche in Sudamerica.
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Argentina: iniezione di fiducia verso il Rugby Championship
Ci sono ancora tante cose da migliorare, ma la cura Cheika sembra stia iniziando a dare i primi risultati, rivitalizzando una squadra che con Ledesma era ormai arrivata alla fine del suo storico ciclo, che li aveva portati a battere persino gli All Blacks. I Pumas hanno ricominciato da capo, con umiltà, e battere 2 volte la Scozia non è cosa da poco, soprattutto perché non vincevano una serie di test casalinghi dal 2007 (2-0 all’Irlanda).
Se la prima partita è stata tutto sommato dominata e portata a casa senza particolari pericoli, la terza è stata la vera cartina tornasole del carattere di questa squadra: sotto per 80′ minuti, attaccata con le unghie al punteggio e alla fine capace di ribaltare tutto a tempo scaduto. Cose semplici ma ben fatte, trequarti capaci di trovare spazio, avanti che fanno il lavoro sporco e un cecchino come Boffelli dalla piazzola.
Per contro, il terrificante secondo tempo di gara 2 rappresenta un campanello d’allarme non da poco. La Scozia ha fatto praticamente quello che voleva per 25 minuti, e quando nel finale – come spesso capita – ha abbassato il ritmo, i Pumas hanno creato tantissime occasioni senza concretizzarne nessuna.
Basterà per non svolgere il solito ruolo di vittima sacrificale del Rugby Championship? Il Sudafrica appare nettamente favorito (pur avendo zoppicato col Galles), e gli All Blacks – nonostante il momento tremendo – sono tecnicamente di un altro pianeta rispetto ai Pumas. La nuova formula del torneo permetterà però all’Argentina di disputare in casa le due partite contro l’Australia, che pur giocando bene sta facendo enorme fatica a trovare continuità: pane per i denti di una squadra che si trasforma quando sente l’odore del sangue. Probabilmente, Cheika ha già messo nel mirino i suoi ex Wallabies.
Scozia: belli, bravi ma ancora inconcludenti
Come abbiano fatto a perdere una partita come l’ultima della serie, lo sanno soltanto loro. Davanti praticamente per tutta la partita, contro una squadra tenuta in piedi principalmente dai piazzati di Boffelli, il parziale di 14-0 subito nell’ultimo quarto d’ora ha ancora una volta tagliato le gambe a una Scozia sul punto di salire questo benedetto scalino verso il livello più alto.
Erano più forti, nonostante le assenze di Hogg e Russell, ma in partite di questo tipo conta avere tutto quello che i ragazzi di Townsend ancora non hanno, e che a questo punto non si sa se avranno mai: l’istinto killer. Escludendo le partite contro l’Inghilterra, che sono un caso a parte, la Scozia continua a perdere contro avversari sulla carta equivalenti, se non addirittura inferiori.
La partita di Santiago del Estero fa il paio con il suicidio sportivo di Cardiff al Sei Nazioni di quest’anno, quando gli scozzesi persero contro il Galles una partita che sembrava già vinta. La Scozia è sempre allo stesso punto: chiaro, Townsend negli anni ha fatto un lavoro pazzesco, riportando gli Highlanders al livello che compete loro, ma a questo punto viene da chiedersi se si potrà mai fare un altro passo avanti.
Francesco Palma
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