L’head coach dei sudamericani, qualificati per la prima volta alla Rugby World Cup, guarda da dentro al movimento
Di squadre fuori dai grandi circoli del rugby mondiale, Pablo Lemoine se ne intende. Dopo aver partecipato da giocatore a due edizioni della Rugby World Cup con l’Uruguay, riportò i Teros al mondiale dopo 12 anni nel 2015, da allenatore. Poi ha guidato la Germania nel tentativo di riuscire a qualificare la nazionale tedesca alla RWC2019, per infine accasarsi in Cile, dove ha appena compiuto la sua ultima impresa: la prima qualificazione al mondiale dei Condores.
Ha 47 anni, Lemoine, nonostante la testa coperta di capelli bianchi. In carriera ha giocato con lo Stade Français, vincendo due volte il Top 14 nei primi anni Duemila, in squadra con Diego Dominguez e Mauro Bergamasco.
Una vera e propria leggenda vivente del rugby sudamericano, insomma, soprattutto di quello non argentino.
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“Quando si comincia un’avventura rugbistica in un paese come il Cile, la Germania o l’Uruguay è tutto da costruire: mancano i campi, manca il materiale, mancano i giocatori – ha raccontato a Marc Duzan di Rugbyrama – In questi 3 anni, con la federazione, abbiamo lavorato, lavorato e ancora lavorato. Sabato, nel momento in cui si è concretizzato tutto, siamo davvero esplosi.”
Nell’intervista al sito specialistico francese, Lemoine racconta la sua squadra e il movimento rugbistico cileno: 15mila tesserati circa, una diffusione sufficientemente capillare di club e competizioni, un gruppo di giocatori professionisti sotto contratto con la federazione che giocano per la nazionale e per la franchigia della Super Liga Americana, i Selknam.
“Sono professionisti, ma quello che guadagnano non basta a far vivere una famiglia – avverte l’head coach – Il livello della Super Liga è simile a quello del Nationale francese o a una bassa ProD2. Non abbiamo 30 giocatori di livello altissimo, ma ce ne sono sempre di più e sempre di più se ne vanno in Europa ogni stagione. Credo che questa qualificazione avrà un impatto enorme sul rugby cileno.”
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“Credo che il Cile sia un gigante dormiente del rugby mondiale. In altri paesi del Sudamerica puoi essere pieno di idee e progetti per sviluppare il movimento, ma non avrai mai i fondi per attuarli. In Cile, che ha uno zoccolo duro di rugbysti, il governo e le più grosse aziende del paese spingono la palla ovale. Ci sono soldi, fondi regionali, i proventi delle miniere di litio e d’oro e i proprietari delle più grosse industrie del paese spesso vengono dal rugby. Con l’Uruguay, poi, il Cile è uno dei paesi più politicamente stabili del continente. Se riuscissimo a trovare un’organizzazione più efficace del movimento nei prossimi anni, il Cile può davvero diventare un mostro.”
“E’ davvero straordinario avere 3 squadre sudamericane qualificate alla Rugby World Cup. Nel 2015, quando i Pumas hanno ben figurato al mondiale inglese, il rugby argentino era al top, ma intorno non c’era niente. Il rugby sudamericano era morto. Oggi, il Cile e l’Uruguay crescono e diventano sempre più potenti e presto, ve lo dico io, anche il Brasile arriverà al massimo livello internazionale.”
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