Dall’Inghilterra si spara a zero su All Blacks e Sam Cane, tirando in ballo Michele Lamaro

Dalle colonne del Times, Stuart Barnes si scaglia contro il capitano degli All Blacks

All Blacks: dopo il disastro Sam Cane non sarà più capitano? Una possibilità concreta. PH Sebastiano Pessina

Sam Cane – ph. Sebastiano Pessina

Se c’è un gioco facile, in questo momento del rugby internazionale, è sparare sugli All Blacks.

Fino a ieri indiscussi padroni del pianeta ovale, circondati da un’aura di invincibilità parsa per lunghi tratti della storia del gioco quasi sovrannaturale, oggi la nazionale neozelandese è al suo punto più basso nell’era professionistica, quarta nel ranking mondiale e reduce dalla prima sconfitta casalinga della storia contro l’Irlanda, sia nella singola partita che in una serie.

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Al centro del turbine di critiche piovute sia dall’interno che dall’esterno sugli All Blacks ci sono Ian Foster e Sam Cane, capo allenatore e capitano, com’è normale che sia. Al terza linea viene imputato di non essere più il giocatore che era prima dell’infortunio al collo che gli è quasi costato la vita.

Poi, però, c’è chi va oltre: nella sua rubrica sul Times Stuart Barnes ha accusato Foster di avere una fede talmente cieca da essere paragonata alla devozione religiosa nei confronti del suo capitano, confermato nel ruolo per l’imminente Rugby Championship.

“Siamo onesti, brutalmente. Nemmeno il suo compatriota neozelandese, Kieran Crowley, che allena l’Italia, scambierebbe il suo carismatico Michale Lamero [errore nell’originale] per il coraggioso, malconcio e decisamente usurato Cane. Buono abbastanza da giocare per la Nuova Zelanda, non abbastanza per l’Italia.”

Barnes, 59 anni, ha alle spalle una bella carriera da giocatore prima del professionismo: Bristol e, soprattutto, Bath i suoi club, 10 caps con l’Inghilterra, apparizioni nei Barbarians e convocato con i British & Irish Lions nel 1993. Dal suo ritiro nel ’94, Barnes ha lavorato come opinionista per il Telegraph e il Times e come commentatore tecnico in TV per BBC Sky Sports.

Una carriera di tutto rispetto, costruita però sempre più spesso su opinioni incendiarie e negative, senza una necessaria base fattuale a sostenerle. Nei suoi recenti trascorsi: “Eddie Jones parla di futuro, ma il suo presente è disastrato”, “Owen Farrell non si prende abbastanza rischi e per questo i Saracens hanno perso la Premiership”, “Il rugby gallese sta affogando”, “Inseriamo il cartellino nero per i falli involontari”, oltre al celebre cavallo di battaglia “è ora di escludere l’Italia dal Sei Nazioni a beneficio della reputazione del torneo e per il bene dell’Italia“.

Al di là di dimostrare la propria conoscenza del rugby italiano in maniera talmente approfondita da storpiare brutalmente nome e cognome del capitano azzurro, e della mancanza di rispetto connessa all’utilizzo dell’Italia come zimbello, Barnes sembra essersi imbarcato in una personale crociata contro Sam Cane, contro il quale ha scritto più di un pezzo, come se il numero 7 degli All Blacks fosse il problema di una squadra che ha dimostrato sul campo di avere problemi ben più strutturati di un giocatore al posto di un altro.

Attualmente la Nuova Zelanda ha un piano di gioco farraginoso, si è dimostrata non in grado di schierare una struttura offensiva efficace, limitandosi a mandare contro la difesa schierata irlandese ball carrier quasi sempre statici. Sam Cane non ha brillato, ma non lo hanno fatto in molti, fra i giocatori in maglia nera.

 

 

Da qui a dire che non giocherebbe in nessuna delle squadre del Rugby Championship e del Sei Nazioni, la strada non è solo lunga, ma implica proprio un modus operandi tipico del fantarugby: se quel giocatore vale 10, varrà 10 dovunque lo sposti. Sia in Nuova Zelanda, in Francia, in Scozia oppure in Italia. Dove poi magari storpieremmo il cognome di Cane leggendolo letteralmente, ma un posto in squadra, da qualche parte, glielo potremmo pure trovare. Magari al fianco di Michale Lamero.

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