Delon Armitage ha raccontato un episodio che ha segnato la carriera dell’australiano, con Gorgodze e Fernandez Lobbe grandi protagonisti
Nell’ultima puntata del RugbyPass Offload Podcast, Delon Armitage ha raccontato nel dettaglio uno degli episodi più controversi della carriera molto movimentata di James O’Connor negli anni vissuti a Tolone. Nel febbraio 2016, mentre la squadra era sull’autobus per ritornare a casa dopo una partita giocata a Oyonnax, l’allora 26enne trequarti australiano si sentì male e svenne mentre giocava a carte proprio insieme ad Armitage.
Non fu un attacco cardiaco, come si ipotizzò nelle prime battute, ma un malore dovuto allo stile di vita molto sopra le righe di O’Connor in quegli anni. L’australiano, infatti, era noto per la sua vita piuttosto dissoluta al di fuori dal campo da rugby, caratterizzata da un importante consumo di alcool e droghe. Tutto questo, unito alla vita da rugbista professionista fatta di trasferte, allenamenti e partite che O’Connor provava a portare avanti, portarono all’episodio avvenuto sul bus.
“Eravamo seduti a un tavolo nella parte posteriore del bus, giocavamo a carte – ha raccontato Armitage – C’erano James e pochi altri. All’improvviso lui inizia ad avere le convulsioni, di fronte a me. E io sono un ragazzo piuttosto impressionabile. Non mi piace vedere cose del genere, non guardo nemmeno film dell’orrore”.
“Mi ha fatto balzare in piedi dalla paura. Poi ha sbattuto la testa contro la finestra e lì ho cominciato ad avere davvero paura. Urlavo, poi anche Bastareaud ha iniziato a urlare. Ero nel panico e tremavo”. Chi invece non sembrava piuttosto agitato dalla scena, a quanto pare, era Mamuka Gorgodze, che stando al racconto di Armitage ebbe un’idea molto risoluta su come fermare la crisi di O’Connor.
“Ha detto che dovevamo impedirgli di ingoiarsi la lingua. E quindi ha deciso che se gli tirasse dei pugni, lo metterebbe ko e si rilasserebbe – ha continuato Armitage – Ha cominciato a prenderlo a pugni, cercando di farlo svanire e sostenendo che se fosse ko non si sarebbe ingoiato la lingua”.
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A quel punto è lo stesso Armitage a fermare Gorgodze, prima che il georgiano “facesse saltare i denti” a O’Connor. Mentre aspettavano il dottore, O’Connor intanto era stato fatto sdraiare nel corridoio del bus. “In quel momento ha ha cominciato a diventare blu, ha smesso di muoversi e ha anche smesso di respirare”.
Il dottore arriva ed è molto perplesso dalla situazione, secondo Armitage. Mentre decide il da farsi, in ogni caso, O’Connor rinviene. “Boom, rieccolo”. Nel frattempo, con il bus fermo in autostrada, i giocatori erano in attesa per capire quale sarebbe stato il prossimo passo da fare. A quel punto, entra in scena Juan Martin Fernandez Lobbe.
Il flanker argentino arriva nella zona in cui O’Connor – sempre disteso lungo il corridoio – si era appena risvegliato e fa capire in poche parole quali fossero le sue intenzioni. O’Connor, infatti, in quella posizione stava ostruendo l’apertura di un piccolo frigorifero in cui erano stipate delle birre riservate al viaggio di ritorno.
“Mi ricordo che Juan chiede a James se poteva muoversi. Io lo guardo e gli dico ‘cosa?’ e lui replica ‘Puoi toglierti di mezzo?’ riferendosi a lui. A quel punto, gli solleva le gambe, le sposta e comincia a prendere delle birre dal frigorifero dicendo ‘beh, sembra che dovremo aspettare qui per un po””.
Armitage, che raccontandolo oggi lo fa sghignazzando di giusto, cerca di far notare a Fernandez Lobbe che una persona stava quasi per morire pochi istanti fa, ottenendo in risposta solo: “Cosa? Cosa?”. L’argentino, con il suo bottino di birra, si defila.
O’Connor, dal canto suo, non ha la minima idea di quello che è appena accaduto. “Non aveva idea di cosa fosse successo. Non aveva idea di chi fossi. C’era anche mio fratello, Steff. Penso che avesse riconosciuto solo Steff. Nessun altro, ed era molto strano […] Poi abbiamo aspettato l’ambulanza per diverse ore. Inizialmente non voleva andare, ma poi è rimasto in ospedale per tre giorni”.
Quel malore – tra l’altro non l’unico nel giro di poco tempo – fu uno dei campanelli d’allarme per O’Connor, come ammetterà lui stesso più avanti nel corso della sua carriera. Dopo quegli spiacevoli episodi, l’australiano è riuscito a risollevare la sua carriera nel giro di qualche anno, tornando a vestire anche la maglia dei Wallabies a partire dal 2019, dopo sei anni di assenza.
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