Italia, Di Giandomenico: “Se resto? Decideremo con la Fir. Mondiale positivo, e c’è talento per il futuro”

Il c.t. azzurro traccia un bilancio di questa avventura mondiale, ma non scioglie la riserva sul suo futuro

Andrea di Giandomenico (Photo by Phil Walter/Federugby via Getty Images)

Andrea di Giandomenico (Photo by Phil Walter/Federugby via Getty Images)

Tempo di bilanci. Dopo la fine dell’avventura mondiale in Nuova Zelanda dell’Italia femminile, Andrea di Giandomenico ha analizzato a OnRugby quello che è stato questo torneo storico per le azzurre e quello che sarà il futuro del movimento italiano femminile.

Andrea, un bilancio di questa Coppa del Mondo?

“Ovviamente il bilancio è positivo. Quando si arriva a questi appuntamenti si riesce a riassumere quello che è stato il riassunto degli anni precedenti e del percorso che abbiamo fatto. Al di là del traguardo raggiunto, che è stato sicuramente storico, rimane la volontà di giocare ancora questo tipo di partite. Per questo c’è anche un po’ di dispiacere, avremmo voluto restare qui e disputarne altre, ma non si tratta di rammarico o altro perché siamo felici del nostro cammino. Alla fine nel mondo del rugby femminile c’è solo il Mondiale come torneo ad eliminazione, in cui devi arrivare fino in fondo, per cui quando arrivi a meritarti di giocare queste partite non vorresti mai smettere, c’è un’idea di continuo avanzamento che ti gratifica e ti fa venire sempre più voglia”.

Fuori è stata vissuta come un’impresa storica, eppure siete rimasti sempre coi piedi per terra, perché era il vostro obiettivo…

“Non possiamo che ringraziare tutti per il sostegno incredibile di questi mesi, e non vorremmo neanche sembrare così presuntuosi da sottovalutare o non goderci il risultato che abbiamo fatto. Semplicemente, abbiamo lavorato tanto per arrivare fino a qui che non avremmo mai voluto uscire, per giocare ancora sfide così importanti, ci avevamo un po’ preso gusto (ride, ndr). Sabato è stata una giornata bellissima, al di là del risultato finale. È proprio perché crediamo fortemente nei percorsi che non vorremmo mai arrivare ad una meta, così da avere sempre una direzione verso cui andare. Essere in viaggio è sempre una cosa bella e che arricchisce. Da fuori però abbiamo percepito tutto il sostegno e l’affetto che ci è pervenuto sia dagli italiani che erano qui, sia da quelli rimasti dall’altra parte del Mondo. Sono state fondamentali per noi”.

C’è stato un salto in avanti anche come mentalità? Contro il Giappone si è vinto anche nonostante le difficoltà, e le ragazze non hanno festeggiato più di tanto

“Non vorrei essere io a influenzarle troppo (ride, ndr). Abbiamo sempre parlato di prestazione, è il nostro focus e tramite quello vogliamo poi vincere, perché ovviamente non scendiamo in campo solo per giocare bene e fare coreografia. Nello specifico, fare 5 punti contro il Giappone ci avrebbe permesso di restare più tranquilli, senza dover aspettare il risultato di Canada-Usa, che avrebbe potuto portarci a prendere l’Inghilterra. I 4 punti non ci lasciavano in completo controllo del nostro destino. Ma alla fine l’abbiamo portata a casa, e come hai detto tu, se non sei solido mentalmente certe partite non le vinci”.

Qual è stato il momento più “alto” di questo torneo a livello di prestazione?

La prima partita con gli Stati Uniti credo sia stato il momento in cui le ragazze si sono immerse completamente nella loro prestazione, e quello che è venuto fuori è stato eccezionale. C’è stata la vittoria, c’è stato il bonus, ma il modo in cui è arrivato è stato importante. Abbiamo reagito dopo l’infortunio di Ilaria (Arrighetti, ndr) e la meta subita subito, tirando fuori una partita di altissimo livello. Ormai le ragazze sono mature, quelle che hanno giocato il Mondiale 5 anni fa hanno quei 5 anni in più che permettono loro di essere al massimo della maturità, pensiamo ai 50 caps di Maria (Magatti, ndr) e i 60 di Elisa (Giordano, ndr).

Arriviamo alla domanda fatidica: cosa farai adesso? Resterai in Nazionale?

Ti rispondo sinceramente. Adesso torno a casa e sto con la mia famiglia (ride, ndr). Poi, con calma e con tutte le componenti si rifletterà sulla scelta più giusta da fare. Non ho ancora preso una decisione definitiva, perché è una cosa che dobbiamo condividere. Io da sempre lavoro per la Federazione, e ho sempre condiviso con loro i ragionamenti su dove potessi essere più utile, e così faremo anche questa volta. Certo, dopo 13 Sei Nazioni e 2 mondiali potrebbe anche essere il momento adeguato per cambiare, ma penso sia corretto a livello professionale che le decisioni vengano prese con calma e non soltanto da un lato”.

Sul piano del gioco, l’impressione è che questa Italia sia fortissima palla in mano, ma non abbia un piano B se le cose si mettono diversamente…

“Sì. È un qualcosa al quale si deve arrivare attraverso un lavoro di consapevolezza, con il quale capire il momento della partita e adeguarci a quelli che io chiamo ‘esiti strategici’ come possesso, territorio e fare punti. Abbiamo tanto da crescere su questo. Ti faccio un esempio, contro la Francia alla fine del primo tempo abbiamo gestito male l’ultimo possesso, perdendo il pallone, e nell’ultima azione abbiamo preso 3 punti e il giallo di Maria Magatti. In queste cose più che un piano B servirebbe maggiore maturità nella gestione di alcuni momenti della partita, che prevedono una consapevolezza profonda da parte delle giocatrici. Preferisco che le ragazze ci arrivino così, con un percorso di apprendimento strada facendo, piuttosto che organizzare un vero e proprio piano di riserva. Non dico sia per forza la scelta giusta e sono d’accordo che una direzione tecnica dovrebbe fornire degli strumenti che facilitino determinate cose, ma è anche vero che abbiamo delle difficoltà nell’utilizzo nel piede e nella solidità delle fasi di conquista, anche se in quest’ultima siamo andati benissimo in questo mondiale, grazie al lavoro eccezionale di Plinio Sciamanna. Insomma, dobbiamo migliorare nella gestione dei momenti cruciali della partita”.

Tra le ragazze che non sono scese in campo in questo Mondiale, quali sono già pronte per far parte della formazione titolare a breve termine?

“Ci sono Granzotto e Stevanin che sono state eccezionali nel loro apporto durante gli allenamenti. Anche in prima linea abbiamo dei ricambi, che magari mi si può contestare di non aver usato per fare turnover in questo mondiale, ma ho preferito una scelta più conservativa. Per quanto riguarda il reparto trequarti poi c’è molto potenziale, senza contare poi che ci sono molte giovani che fanno già parte della squadra, come Francesca Sgorbini e Giada Franco. Certamente bisogna lavorare, perché nei prossimi anni lasceranno molte giocatrici che hanno rappresentato l’ossatura azzurra di questo ciclo, ma di talento ce n’è, quindi dobbiamo soltanto avere fiducia e accettare anche la possibilità di passare per dei momenti difficili nel prossimo periodo. Ricordo sempre la mancata qualificazione al Mondiale 2014, che fu un colpo durissimo per le ragazze e per me, a dimostrazione di come anche in questo ciclo siano arrivati momenti difficili e fallimenti. La crescita passa anche da questi momenti, anche se ovviamente ci auguriamo che non arrivino”.

Leggi anche: Tutti i dettagli sul World Rugby WXV, la nuova competizione dedicata al rugby femminile

Quindi già dal prossimo Sei Nazioni vedremo un bel ricambio?

“Su questo bisogna vedere quali saranno le scelte di alcune giocatrici, ma credo di sì. Anche perché il prossimo autunno partirà anche il World Rugby WXV, la nuova competizione che aumenterà il numero di partita annuali, di conseguenza sarà obbligatorio allargare la rosa e fare maggior turnover, facendo giocare molte più ragazze. A questo aggiungiamoci l’esperienza della Nazionale under 18 che ha anticipato l’ingresso nel livello internazionale”.

Francesco Palma

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