L’ala azzurra sarà padrona di casa nel fine settimana, quando gli Springboks arriveranno nel capoluogo ligure
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Pierre Bruno – ph. Sebastiano Pessina
Come quasi ogni bambino italiano, anche Pierre Bruno ha cominciato dal calcio, fra tutti gli sport. Come quasi ogni giocatore di rugby in questo paese pallatondista, è rimasto folgorato a un certo punto della sua vita da ragazzo, colpito da un ambiente che lo ha catturato per sempre.
I trascorsi dell’ala dell’Italia, 4 mete in 6 presenze per confermare a livello internazionale il marchio di giocatore che timbra sempre il cartellino, li ha raccontati lui stesso a Massimo Calandri in un’intervista all’edizione genovese de La Repubblica.
Bruno, nato e cresciuto nel capoluogo ligure, sarà in qualche modo il padrone di casa della gara di sabato fra Italia e Sudafrica al Ferraris.
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“Un sogno che si realizza. Da ragazzino giocava a calcio. Nel frattempo è venuto nella mia scuola media, la Centurione, un tipo biondo e simpatico che voleva parlarci di uno sport diverso. E io sono stato a sentirlo”
“Proviamo questo rugby, mi sono detto: mi è piaciuto subito. C’erano più sorrisi, solidarietà. Io poi correvo veloce, non avevo paura del contatto.”
“Stadio incredibile – dice Bruno a proposito dell’impianto di Marassi – All’inglese, gli spettatori che quasi placcano e spingono con te. Ci venivo a vedere la Sampdoria con il nonno e mio cugino: loro sono tifosi ‘caldi’ come Tommaso Castello (altro azzurro e cussino), che va nella Nord a tifare Genoa. Per me sarà una giornata speciale. Speriamo nel tutto esaurito.”
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Oltre a pensare alla città e al suo stadio, il trequarti guarda già alla partita di sabato: “[Gli Springboks] vengono da due sconfitte, saranno arrabbiati di brutto. Sono la squadra più ‘fisica’ e aggressiva del mondo. Useranno il pacchetto degli avanti e calceranno tanti palloni alti su noi tre che stiamo dietro: sanno che non siamo molto alti, cercheranno di approfittarne. Sfida accettata. Io potrei trovarmi di fronte Mapimpi o Arendse, due fuoriclasse: preferisco concentrarmi sul mio lavoro, non su di loro.”
E infine un pensiero al prossimo futuro: “Mi piacerebbe giocare all’estero. Però adesso mi concentro sull’appuntamento di sabato: è la sola cosa importante.”
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