Qualche riflessione su cosa ci lascia il novembre azzurro
Sono state tre settimane intense, piene di emozioni per certi versi inedite e sorprendenti. Questa Italia piace: piace ai tifosi, piace ai tecnici e piace tanto anche all’estero. Per la prima volta, dopo anni di esperimenti più o meno improvvisati, sembra di vedere un gruppo azzurro compatto e con un’idea di gioco precisa, che viene applicata con rigore e precisione.
Nel giro di due partite, gli azzurri hanno rotto due tabù che rappresentavano un freno enorme per questo gruppo: il primo riguardava le Tier 2, con le quali l’Italia negli ultimi anni ha sempre fatto una fatica incredibile, più per una questione psicologica che tecnica. Il quasi-cinquantello rifilato alle Samoa (che avrebbero poi dimostrato in Georgia di essere tutto fuorché fuori forma) ha spazzato via un bel po’ di tarli mentali, e ha portato la squadra di Crowley verso Italia-Australia con la testa libera da pensieri tossici.
Già, Italia-Australia. Forse il vero spartiacque della storia di questa Nazionale, se non altro per una riflessione: gli azzurri hanno vinto pur non giocando la partita perfetta, ed è questa la reale differenza rispetto al passato. Fino a questo momento, battere una Tier 1 significava dover giocare una partita persino oltre i propri limiti, senza sbagliare nemmeno le virgole. Chiaramente per un essere umano le occasioni in cui poter tirare fuori prestazioni del genere sono ben poche, e questo si ripercuoteva sul numero di vittorie di peso.
Contro i Wallabies ci sono state delle imperfezioni, soprattutto nel secondo tempo, eppure la si è portata a casa lo stesso. Al di là dell’errore di Donaldson, che avrebbe potuto scrivere un finale diverso, l’Italia ha nettamente meritato di vincere, contro una formazione che pur avendo dei problemi ha giocato alla pari contro squadre ben più quotate di quella italiana.
La partita contro il Sudafrica si è sviluppata su una sola e semplice chiave: reggere o non reggere fisicamente. Finché gli azzurri hanno tenuto, hanno giocato a viso aperto contro i campioni del Mondo, poi però gli Springboks hanno vinto la guerra di logoramento sapientemente impostata fin dal calcio d’inizio e hanno preso il largo, con un punteggio anche eccessivo rispetto a quanto si è visto in campo, almeno fino al 50′. Difficile trovare colpe specifiche, se la benzina finisce non si può fare altro che tenere duro e cercare di arrivare in fondo in qualche modo: questo gruppo, però, ha dimostrato di saper imparare dalle sconfitte, e questa è un’altra differenza sostanziale rispetto alle annate precedenti. In altri tempi, una sconfitta come quella di Batumi avrebbe potuto sfasciare tutto, far dimenticare l’impresa di Cardiff e riportarci nelle sabbie mobili. Invece tutti hanno lavorato a testa bassa, e quando a Padova gli azzurri sono scesi in campo hanno dimostrato al Mondo che la disavventura georgiana è stato solo un passo falso.
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Deve essere così anche stavolta: il secondo tempo di Genova deve rimanere da monito nel percorso verso il Sei Nazioni, dove in particolare le sfide contro Inghilterra e Irlanda proporranno un dispendio fisico molto simile a quello imposto dal Sudafrica, e non è un caso che il match tra i verdi e gli Springboks a inizio novembre sia stato tiratissimo, e probabilmente lo sarà anche quello della prossima settimana con la squadra di Eddie Jones. Anche perché stavolta un po’ di aspettative ci sono: il Galles verrà a Roma con l’obiettivo di vendicare la disfatta di Cardiff e con l’obbligo di riscattarsi dopo un 2022 disastroso, e poi bisognerà andare nella bolgia di Murrayfield, dove persino gli All Blacks hanno visto i fantasmi, per provare a rimettere le cose a posto contro una Scozia che non battiamo da troppo tempo.
Il punto di rottura della partita con il Sudafrica è stato la meta di Kolbe, che innesca quello che è uno dei principali interrogativi ancora da risolvere di questa Nazionale: gli azzurri continuano a concedere un regalo a partita ai propri avversari. Andando a ritroso nel tempo, non c’è un match nel quale l’Italia non abbia concesso una marcatura “gratis”. Contro le Samoa è arrivata a partita già chiusa, con una palla persa rovinosamente nei propri 22 al 72′, e quella di Robertson a Firenze ha rischiato di rovinare una partita che sembrava ormai in cassaforte sul 25-15.
Cose sulle quali sicuramente Kieran Crowley e il suo staff lavoreranno insieme ai ragazzi. Per adesso, non possiamo che ringraziarli tutti per lo splendido novembre che hanno fatto vivere all’Italia della palla ovale. Adesso però, nessuno ha voglia di fermarsi qui, quindi testa bassa e via verso il Sei Nazioni, per vivere ancora altre giornate magiche come quelle di Padova e Firenze.
Francesco Palma
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