Inghilterra: la RFU fa chiarezza sui placcaggi bassi in mezzo alle critiche di club e giocatori

Le linee guida della RFU non piacciano ai giocatori dilettanti, ma anche ad illustri protagonisti della scena internazionale

placcaggio rugby world cup 2019

Cheslin Kolbe (170cm per 74kg) placca Asaeli Ai Valu (pilone, 187cm per 115kg) – ph. REUTERS/Issei Kato

La decisione della RFU di abbassare l’altezza del placcaggio all’altezza della vita nei campionati amatoriali a partire dalla prossima stagione ha provocato un ampio dibattito all’interno del movimento inglese.

Il protocollo per la sicurezza dei giocatori non è stato ben accolto dai club dilettantistici che temono una brusca riduzione dei numeri partecipativi a causa delle nuove regole.

Numerose squadre, giocatori, allenatori e dirigenti hanno espresso pubblicamente le loro preoccupazioni, definendo il cambiamento della regola sul placcaggio come impraticabile.

Si lamenta soprattutto la mancanza di consultazione tra le parti coinvolte, con la paura fondata che i giocatori non professionisti si allontanino dallo sport che più amano.

La norma infatti non tocca gli atleti di Premiership e Championship, così la galassia del rugby amatoriale ha già fatto sentire la sua voce attraverso una petizione che chiede all’RFU di invertire la sua decisione. Il documento ha accumulato più di 30.000 firme in poco più di 24 ore.

Il cambio di regolamento verrà applicato a partire dal 1 luglio, non esattamente un periodo lungo per adattarsi alle nuove dinamiche di gioco.

La RFU ha assicurato di fornire linee guida dettagliate per l’applicazione del regolamento insieme a materiali di formazione dedicati a giocatori, allenatori e arbitri.

Leggi anche: Inghilterra: le nuove regole sui placcaggi dalla prossima stagione

La decisione di intervenire è stata presa dagli organi federali dopo sei anni di studi in cui sono emerse prove evidenti che abbassare l’altezza del placcaggio riduce il rischio di ‘eventi di accellerazione della testa’.

Mentre la polemica sul placcaggio basso prosegue forte nei canali istituzionali, sul tema sono intervenuti anche alcuni nomi rilevanti del rugby internazionale attraverso i social media.

“Il rugby non è uno ‘sport di evasione”, ha scritto l’ex internazionale degli All Blacks Sonny Bill Williams sul suo profilo Twitter. Ha poi aggiunto: “Il rugby consiste nel creare spazio manipolando e muovendo le difese, il contatto fa parte del gioco”.

Anche l’ex mediano del Galles e dei Lions Mike Phillips è intervenuto spiegando che i giocatori dovrebbero aspettarsi “più cartellini rossi e gialli” che “condizionerebbero il gioco”.

Le prese di posizione si sono allargate ad altri atleti di livello internazionale come Joe Marler, Tom Youngs, Lewis Ludlow e Ricchard Hibbard, confermando che il tema è ben lungi dall’essere accettato.

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