Sei Nazioni 2023: equiparati e oriundi nelle rose delle sei squadre

L’edizione di quest’anno ha meno giocatori nati all’estero delle due precedenti

Il trequarti ala Sean Maitland, nato in Nuova Zelanda, uno degli equiparati della Scozia nel Sei Nazioni – ph. Adrian DENNIS / AFP

Per la prima volta da due anni a questa parte, il numero di giocatori eleggibili per una nazionale, ma nati in un altro paese, è sceso rispetto alle edizioni precedenti del Sei Nazioni.

Un’indagine condotta dal sito Americas Rugby News ha tracciato infatti tutti i giocatori nati all’estero nelle sei nazionali partecipanti al Torneo, analizzandone le ragioni di eleggibilità (residenza o parentela) e la carriera.

Nel Sei Nazioni 2021 erano 59 i giocatori nati all’estero. Il numero è aumentato fino a 73 giocatori nell’edizione del 2022, mentre saranno 51 in occasione del Sei Nazioni 2023.

Leggi anche: La situazione nel Sei Nazioni 2019

Dall’indagine risulta che la Scozia è il movimento che beneficia di più dei giocatori nati e formati rugbisticamente all’estero, con 21 giocatori in rosa nati fuori dal paese, di cui 20 formati altrove. Di questi, però, ben 10 hanno uno dei due genitori scozzesi, come il figlio d’arte Cameron Redpath o il mediano di mischia Ali Price.

I numeri dei giocatori in rosa nati all’estero per la Scozia è stato in costante crescita: erano 14 nel 2016, hanno toccato i 27 nel 2022. Quest’anno all’elenco il mediano di apertura Ben Healy, nato e cresciuto nel Munster, ex Irlanda U20, eleggibile per via della madre scozzese, e l’ala Ruaridh McConnochie, che ha già vestito la maglia dell’Inghilterra alla Rugby World Cup 2019.

Tutte le altre squadre sono al di sotto della doppia cifra. La Francia è quella che ne ha meno: solo 4 giocatori nati all’estero nella lista dei convocati, come nel 2022 e nel 2021. Nella rosa transalpina c’è Dany Priso, nato in Camerun ma cresciuto rugbisticamente in Francia, dove vive da quando ha 11 anni. Ci sono i due eleggibili per residenza Uini Atonio (neozelandese di origini samoane, ha giocato con Samoa U20) e Paul Willemse (sudafricano), e c’è l’ex capitano della Francia U20 Emilien Gailleton, che è nato in Inghilterra da padre francese e madre britannica, ma che ha sempre vissuto a Cahors, in Occitania.

L’Irlanda, squadra all’avanguardia nella selezione dei giocatori eleggibili in giro per il mondo, ha saputo negli anni selezionare e riportare a casa i profili più interessanti, che ora sono elementi importanti della squadra nazionale, come Mack Hansen (eleggibile per la nonna), James Lowe, Jamison Gibson-Park, Bundee Aki (tutti neozelandesi eleggibili per residenza) e Finlay Bealham, pilone nato e cresciuto in Australia che sarà titolare per la prima volta al Sei Nazioni sabato pomeriggio.

Mentre il Galles ne ha 7, ma con 3 giocatori cresciuti rugbisticamente nel movimento come Taulupe Faletau, Christ Tshiunza e George North, e l’Inghilterra 5, con il solo David Ribbans effettivamente cresciuto in un altro sistema, quello sudafricano, l’Italia ha drasticamente abbassato il proprio numero di nati all’estero, arrivando ad averne soltanto 6, di cui uno è Marco Manfredi, nato in Germania.

Nel 2022 i nati all’estero avevano toccato quota 14, nel 2021 erano stati 10.

Spesso le regole sull’eleggibilità portano con sé qualche polemica sterile. L’appartenenza e la professionalità di una persona e di un giocatore non dipendono dai regolamenti, né dai documenti d’identità. Tuttavia, la diminuzione del numero dei giocatori cresciuti rugbisticamente all’estero è spesso uno specchio efficace della capacità dei movimenti di produrre giocatori del livello necessario per rispondere alle sfide che le squadre nazionali devono affrontare, e in questo senso l’indagine di Americas Rugby News serve a constatare che il rugby europeo è in ottima salute.

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