La sconfitta brucia, soprattutto per come le scozzesi hanno vinto la battaglia fisica, ma partite così fanno parte del percorso di crescita
Una sconfitta sorprendente, soprattutto per come è arrivata: l’Italia, sulla carta favorita, è stata battuta 29-21 da una Scozia capace di vincere la battaglia davanti e di giocare sui difetti delle Azzurre, mostrando un cinismo che raramente si è visto da quelle parti. Non è una partita persa a cambiare il giudizio su quanto fatto dalle Azzurre fino a questo momento, anche perché dopo un cambio di guida tecnica va dato il tempo necessario allo staff e alle ragazze di mettere a posto le cose, e questi percorsi prevedono anche dei fisiologici passi falsi.
Non è un alibi, ma non si può non considerare il numero sempre più alto di assenti, da Turani a Giordano, passando per Sgorbini, e anche ieri più di qualche ragazza è uscita acciaccata dal Dam Health Stadium. Ciò non toglie che la sconfitta bruci, soprattutto perché dal punto di vista tecnico la partita sembrava ampiamente alla portata dell’Italia, e lo dimostra il fatto che siano bastati 10 minuti fatti bene per riaprirla.
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La battaglia
Si può discutere su tante cose, sull’assetto tattico, sulle scelte di gioco, sull’esecuzione, ma la questione principale è una: a questi livelli, se perdi la collisione perdi la partita. Le prime 8 della Scozia hanno giocato un match sontuoso, avanzando costantemente e guadagnando sempre metri a contatto. Una volta fatto questo, il resto è venuto di conseguenza, anche perché dal punto di vista fisico le reazioni azzurre sono state tutto sommato episodiche, come i soliti placcaggi di Tounesi (un po’ depotenziata in attacco, al di là della gran meta segnata) e le ottime prove difensive di Gai e Duca.
Chiaramente, la maul ha fatto la differenza: tutte le mete sono arrivate – direttamente o indirettamente – da quella fase di gioco, che ha fruttato anche un cartellino giallo alla fine del primo tempo, con l’Italia che non è mai riuscita a trovare le contromisure adatte. Le Azzurre non hanno contesto, preferendo aspettare a terra, quasi tutte le touche scozzesi in attacco, ma la scelta non ha pagato perché la Scozia è sempre riuscita a sfondare il primo muro italiano, apparso forse troppo “attendista”. Solo in occasione dell’ultima meta la squadra di Raineri ha deciso di saltare, riuscendo quasi ad evitare una marcatura che sembrava già scritta con Ranuccini.
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La reazione
Nonostante le difficoltà, l’Italia era riuscita nel giro di 10 minuti a rimettere in piedi la partita. In occasione della seconda meta di Tounesi si è vista finalmente una squadra avanzante a contatto, mentre la terza è frutto della grande giocata di Ostuni Minuzzi, che fino a quel momento si era vista poco ed era stata messa molto sotto pressione dai calci scozzesi, con Vecchini molto brava a capire le intenzioni della compagna e soprattutto a reggere fisicamente il suo passo per poter poi ricevere l’ovale.
In quella fase tutte le Azzurre hanno ritrovato la brillantezza mancata in precedenza, ma sarebbe ingeneroso – e sbagliato – etichettare l’espulsione di Seye come causa della mancata rimonta italiana. Sia perché la grande reazione non ha comunque cancellato il parziale di 24-7 della prima ora, sia perché l’Italia avrebbe comunque continuato a soffrire i drive scozzesi, che fondamentalmente portavano punti ad ogni ingresso nei 22, sia perché dopo quella sfuriata la squadra di Raineri aveva effettivamente speso molto e aveva perso anche Isabella Locatelli, uscita dal campo zoppicante.
Cosa non ha funzionato?
La scelta di usare maggiormente il piede rispetto al recente passato è sacrosanta e necessaria, in un rugby che si sta evolvendo sempre più velocemente, ma l’esecuzione è ancora lontana dal livello atteso. Molti calci delle Azzurre si sono trasformati in assist involontari per una scatenata Chloe Rollie, che non aspettava altro che trovarsi tra le mani palloni facili per ripartire. Dall’altra parte, l’Italia ha fatto tanta fatica a gestire il bombardamento aereo delle scozzesi, che hanno calciato tutto ciò che si poteva calciare dall’inizio alla fine, e gli errori di handling delle italiane hanno fatto il resto.
Da questo punto di vista, la Scozia poteva scegliere se calciare in campo e sfruttare le difficoltà delle Azzurre nel controllo del pallone, oppure calciare fuori e mettere pressione a una rimessa laterale che continua a non funzionare. La responsabilità però non va scaricata tutta su Vecchini, che certamente ha commesso degli errori, ma l’impressione è che sia tutto l’apparato della touche a non funzionare come dovrebbe, dai movimenti alla comunicazione.
Allo stesso modo, escludendo i primi 10 minuti e la reazione nel secondo tempo, l’Italia non è mai riuscita a fare il suo gioco, e di fatto togliendo le 3 mete segnate non ha creato tante altre occasioni. La media punti-ingressi nei 22 è stata come sempre altissima (4), e l’unica grande opportunità sprecata è stata quella fatta e disfatta da D’Incà, che dopo aver fatto una gran cosa battendo in velocità tutta la difesa scozzese ha perso l’ovale sul più bello, ma sarebbe stato comunque necessario un controllo del TMO per vedere se il pallone era rimasto in campo, e probabilmente aveva già toccato la linea prima di essere calciato dall’ala azzurra.
Questa squadra sa sfruttare le occasioni come forse non aveva mai fatto prima, ma rispetto al recente passato fa più fatica a crearne. Il compito a lungo termine di Raineri e del suo staff sarà proprio riuscire a mettere a punto un sistema di gioco in grado di far coincidere le due cose. Contro il Galles non sarà facile, anche perché l’infermeria è sempre più piena e la squalifica di Seye accorcerà ulteriormente la coperta in prima linea, ma queste ragazze hanno sempre saputo reagire nei momenti più difficili, e sicuramente al Lanfranchi si vedrà un’altra Italia, a prescindere dal risultato.
Francesco Palma
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