Il prima linea tocca diversi temi: dal lavoro fisico al post Mondiale con un nuovo tecnico
L’entusiasmo di essere al lavoro per un grande obiettivo, mixato con la voglia di esserci e l’esperienza di una carriera in crescendo. E’ un Simone Ferrari molto carico quello che oggi è stato intervistato da Onrugby, mentre si trova nel raduno azzurro in preparazione alla World Cup 203. Di seguito le parole del pilone azzurro (44 caps con la maglia dell’Italia).
Simone, entriamo un po’ dentro il programma dei raduni dell’Italia: come sta andando il lavoro?
“Siamo a metà del secondo raduno in quel di Pergine Valsugana. C’è molto focus sulla preparazione fisica cercando di capire anche i lavori da fare in base a quanto siamo stati impegnati individualmente e collettivamente durante la stagione dei club. Stiamo alternando lavoro atletico in campo con sessioni di allenamento in palestra. Sapevamo che questa fase sarebbe stata dedicata a questo e ci prestiamo ovviamente a farlo: più tardi lavoreremo col pallone pensando al gioco, alla tattica e a tutto il resto”.
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C’è stato anche il cambio del preparatore atletico in azzurro: da Quintin Kruger a George Petrakos, cosa te ne è parso?
“Di base non molto, anche perché George è appena arrivato. Ci stiamo conoscendo: Petrakos ovviamente si era già informato su tutti i giocatori e ci ha già dato delle schede su cui lavorare. Nelle prossime settimane sicuramente qualcosa avverrà, anche perché sarà la persona con cui lavoreremo di più”
Entriamo nel tecnico: in raduno al momento siete in 6, inteso come piloni, ma nella lista dei convocati siete addirittura 9. Avverti un certo “senso di concorrenza”?
“Si, lo avverto, ma penso che possa solo che farci bene. Al Mondiale dovrebbero andare 6 piloni, 3 destri e 3 sinistri, quindi vuol dire che qualcuno verrà tagliato. I giovani da dietro stanno arrivando, ma questo per me è un plus: è bello fare parte di questo gruppo. La competizione ci porta a migliorarci: ognuno di noi vuole rendere la vita difficile a Crowley nella scelta”.
In questi mesi tutti hanno parlato del nuovo stile di gioco dato da Crowley all’Italia, come ha impattato questa identità ovale su voi piloni?
“Dal mio punto di vista, la parola chiave è stata “adattamento”. Il gioco voluto da Crowley ha previsto e prevedrà che anche gli avanti diventino dinamici. Mobilità, skills, coinvolgimento, connessione con i trequarti: evoluzione del ruolo, non solo mischie e maul. Esplorare tutto il campo”.
Rimaniamo sul tema allenatori: come hai o avete incassato la notizia del cambio di guida tecnica da Kieran Crowley a Gonzalo Quesada, a partire dal 2024?
“Adesso onestamente non ci pensiamo, perché il nostro focus è diretto verso la Rugby World Cup 2023. Personalmente non sono più giovanissimo e ho imparato col tempo che la “vita degli allenatori” su una panchina è una cosa mutevole, al di là del fatto che poi si possa essere più legati o meno legati a un tecnico: cambiare è una cosa che fa parte della normalità. Io mi voglio godere il Mondiale con questo gruppo, quello che ci sarà dopo lo prenderemo”.
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