Nonostante si preveda un sistema di promozione/retrocessione, le critiche non sono poche
È da vari anni ormai che nel mondo della palla ovale si discute della possibilità di aggiungere un nuovo torneo nell’ambito del rugby internazionale. Se dal 2018 i primi progetti non hanno destato particolare consenso, anche per le difficoltà nel frattempo sopraggiunte per la pandemia di Covid-19, negli ultimi giorni l’idea sembra aver imboccato i binari giusti: eppure non sono mancati commenti e anche critiche.
La nuova competizione, la “Nation League” (anche se ancora il nome non è ancora definito), diventerà realtà dal 2026: si disputerà tra 12 squadre nazionali, organizzato congiuntamente da Sei Nazioni e SANZAAR. A partecipare saranno sicuramente le sei formazioni del torneo europeo e le quattro australi del Rugby Championship. A queste si aggiungeranno due nazioni su invito dell’organizzazione, con buona probabilità Giappone e Figi.
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La “Nation League” e il sistema di promozione/retrocessione: perché tante critiche?
Un torneo che prevede di disputarsi ogni due anni e, soprattutto, con un meccanismo di promozione/retrocessione. Una novità importante quest’ultima, considerando che sia il Sei Nazioni, sia il Rugby Championship sono competizioni chiuse che al massimo, e solo in rarissimi casi nella loro storia, hanno previsto un allargamento. Una simile idea non poteva che produrre tanti commenti, parecchi dei quali critici.
Per quale motivo l’idea di introdurre un meccanismo di promozione/retrocessione, sistema da tempo richiesto, ha destato molte risposte negative? Il punto della questione risiede in un dettaglio: l’attivazione di questo meccanismo è previsto scatti solo dal 2030, fino a quell’anno il nuovo torneo si prevede rimanga chiuso. World Rugby nel frattempo dovrà organizzare una seconda divisione, quella che permetterà il funzionamento della promozione/retrocessione.
È appunto su questo aspetto che ricade il commento del giornalista sudafricano Brendel Nel, che ha affidato a Twitter la sua critica: “L’idea della World League proposta da SANZAAR e 6N sottolinea la commercializzazione del test rugby da parte dei gruppi di investimento. Infligge un colpo mortale a quelle nazioni in ascesa come la Georgia e il Cile, che solo dal 2030 affronteranno squadre di Tier 1”.
Planet Rugby ha messo assieme una serie di commenti, che perlopiù seguono questa opinione: “Una simile decisione significa che la Georgia, che ha recentemente battuto l’Italia e il Galles, non si confronterà con nazionali di prima fascia per almeno quattro anni. L’intero sistema della governance di World Rugby è impostato per proteggere gli interessi consolidati, non per far crescere il gioco”, si legge. Un’altra risposta afferma: “Si consolidano le entrate e la competitività del Tier 1, lasciando agli altri un posto simbolico per partecipare”.
La decisione di attivare il meccanismo di promozione/retrocessione solo dal 2030 presta ovviamente il fianco ai commenti di chi vorrebbe arrivare velocemente ad un sistema più “meritocratico” nell’ambito del rugby internazionale. Ad onor del vero, però, bisogna evidenziare come alcuni commenti estremizzanti siano un po’ esagerati: considerando che la “Nation League” si terrà ogni due anni, non si può dire che per quattro anni le migliori squadre di Tier 2 non potranno affrontare, in assoluto, quelle di prima fascia.
Sicuramente alcuni aspetti riguardo la promozione/retrocessione possono essere migliorati, cercando di andare in una direzione che permetta di favorire e consolidare anche le nuove realtà nazionali del rugby. Ma il progetto della “Nation League”, per quanto limitatamente, è comunque un passo in avanti in quella direzione.
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