Il ritorno di Jesse Kriel, anima inattesa della vittoria degli Springboks

La prestazione sensazionale del secondo centro sudafricano è stata decisiva per la vittoria nel quarto di finale contro la Francia

Jesse Kriel – ph. JULIEN DE ROSA / AFP

La partita fra Francia e Sudafrica dei quarti di finale della Rugby World Cup 2023 è stata leggendaria. Un incontro spettacolare, giocato ad una intensità mai vista fra due squadre che sembravano andare con il fast forward dei VHS, se ancora c’è qualcuno che si ricorda com’era.

Le gallerie fotografiche della partita hanno ritratto i tanti protagonisti sensazionali dell’incontro. Difficile trovare uno dei 45 giocatori scesi in campo che non abbia offerto una buona prestazione, ma scorrendo le foto c’è una presenza costante, quasi sempre scomposta, impegnata a gettare il proprio corpo in mezzo alle gambe degli avversari: Jesse Kriel in ginocchio, Jesse Kriel appeso alla maglia di un avversario, Jesse Kriel messo a sedere da una finta di Jalibert, Jesse Kriel che acchiappa Mauvaka con un tuffo disperato, che si butta in un placcaggio, che blocca un giocatore in maglia blu.

Jesse Kriel ovunque, insomma. Perché se il Sudafrica ha vinto la partita lo deve in buona parte alla prestazione sensazionale di un giocatore rimasto nell’ombra a lungo, che ha saputo brillare nel momento del bisogno recitando un ruolo unico nello scacchiere tattico degli Springboks.

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Jesse Kriel, fino a qui

“Duemilaquindici.”

“Contro il Giappone.”

È la risposta di Jesse Kriel a Will Genia quando l’ex mediano di mischia dell’Australia gli chiede: “Qual è stata la tua peggior giornata in maglia Springboks?”

Era il 19 settembre quando la nazionale nipponica si rese protagonista della vittoria più sensazionale e inattesa della storia della Rugby World Cup, battendo il Sudafrica 34-32 a Brighton. Il miracolo di Brighton, lo chiamano.

Jesse Kriel aveva 21 anni, giocava per la quinta volta con la maglia numero 13 della nazionale sulle spalle. Un ragazzo prodigio, messosi in mostra alla Craven Week del 2012, la più grossa manifestazione giovanile in Sudafrica e probabilmente del mondo, per quanto riguarda la palla ovale. Esordio in Super Rugby nel 2014, titolare dei Bulls per tutto il 2015, debutto in nazionale nel Rugby Championship contro l’Australia, due mete nelle prime due partite, convocazione al mondiale e maglia da titolare nel primo incontro.

Quel Sudafrica arriverà terzo al mondiale, battuto a Twickenham dagli All Blacks poi campioni. Per Kriel, intanto, si profila un futuro da punto fermo della franchigia e della nazionale. Almeno fino a quando non emerge un talento trascurato, cresciuto negli Sharks, che si guadagna la fiducia di Rassie Erasmus e Jacques Nienaber, togliendogli la maglia numero 13. Alla Rugby World Cup 2019 il secondo centro titolare degli Springboks è Lukhanyo Am. Jesse dovrebbe essere la riserva di lusso che parte dalla panchina e spariglia le carte, ma si infortuna immediatamente nella prima partita del girone, persa contro gli All Blacks.

La sua stella sembra in prematuro spegnimento, mentre quella di Am brilla di luce sempre più intensa.

Poi, però, le cose cambiano. Dopo tre anni al vertice del rugby mondiale, il corpo di Am lo tradisce proprio mentre ci si avvicina alla Rugby World Cup. Una serie di infortuni comporta l’esclusione del talentuoso numero 13, mentre per Jesse Kriel torna la possibilità di essere protagonista.

In patria si leva qualche voce discorde, la sua selezione non desta particolare soddisfazione. Tutte critiche che, improvvisamente, tacciono.

Il 15 ottobre, durante una delle partite più incredibili che si ricordi a memoria d’uomo, nel quarto di finale tra Sudafrica e Francia della Rugby World Cup 2023, Jesse Kriel offre la miglior prestazione della sua carriera.

Ne è cosciente lui stesso: lo si capisce dal sorriso che sfoggia uscendo dallo spogliatoio per il primo allenamento successivo al match, malgrado il turbante che protegge gli oltre 10 punti di sutura che gli sono stati cuciti sulla fronte per un profondo taglio occorsogli durante la partita.

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Al servizio di Rassie & Jacques

La brillantezza di Kriel nella gara di domenica scorsa non è un caso né discende da un’elezione ultraterrena. Il suo ruolo è essenziale e studiato nei minimi dettagli dallo staff tecnico sudafricano.

Rassie Erasmus e Jacques Nienaber hanno avuto 14 giorni per preparare il quarto di finale. Un tempo sufficiente per raffinare la propria strategia nei minimi dettagli.

Come ha scritto il sempre acuto Murray Kinsella su The42 gli Springboks vengono troppo spesso considerati una semplice squadra di energumeni impossibile da arrestare per il semplice fatto che sono grossi e cattivi, ma andrebbe considerata la loro eccezionale dimensione strategica e tattica. Il Sudafrica è una squadra estremamente intelligente.

Prendete per esempio l’idea di utilizzare in maniera massiccia quelle che gli anglosassoni chiamano crossfield bombs: calci alti per contendere il pallone in aria che vanno da una parte all’altra del campo, non permettendo ai giocatori avversari in ricezione di avere alcun tipo di protezione dai compagni, come ormai accade sempre sui box kicks.

Gli Springboks li hanno utilizzati sempre quando in possesso nella zona del campo tra i propri 22 metri e la metà campo, ma in qualche occasione anche dalla propria zona rossa, mirando a non concedere palloni di contrattacco al triangolo arretrato avversario o lanci del gioco nella propria metà campo.

A livello difensivo, il Sudafrica ha scelto una strategia rischiosa, ma che si è rivelata efficace per contrastare le grandi doti offensive francesi, in particolare nel secondo tempo. Se infatti i Bleus sono stati capaci di segnare ben 3 mete nella prima frazione di gioco, sono rimasti fermi a quota 6 punti segnati nella ripresa.

Gli Springboks non hanno avuto paura a consumare i propri giocatori per mettere tantissima pressione nel punto d’incontro avversario al fine di sporcare il più possibile i possessi avversari, concedendo per contro grandi praterie in mezzo al campo.

Ed è qui che il ruolo di Kriel è stato fondamentale, nel tenere insieme in qualche modo la difesa esterna dei suoi. Lo ha fatto nel solo modo possibile: dandosi da fare come un disperato.

Ci sono ben 9 giocatori del Sudafrica intorno all’area del contatto. La salita sparata di Jesse Kriel e del compagno su Mauvaka impedisce alla Francia di approfittarne

In particolare nel momento in cui la Francia minacciava di prendere il largo dopo il cartellino giallo a Eben Etzebeth, Jesse Kriel ha fatto la differenza con le sue salite difensive rapide, sempre sul tempo di volo del pallone, causando almeno tre perdite di possesso per in-avanti ai giocatori francesi, colti in fallo dal suo sprint verso di loro.

Lo dimostra questa sequenza esemplare, seguente ad un punto d’incontro francese sulla linea dei 22 metri avversaria. La linea difensiva degli Springboks è molto densa e ci sono stati tanti giocatori coinvolti nell’area del contatto. Il pullback pass degli avanti francesi consente a Jalibert di giocare un pallone prezioso.

Quando Jalibert entra in possesso dell’ovale, c’è tantissimo spazio e tanti giocatori francesi tra Kriel e Faf de Klerk, ultimo difensore del Sudafrica

La salita forte di Kriel e di Snyman al suo interno sono determinanti per chiudere le opzioni ravvicinate di Jalibert, che al contempo non può andare a servire Fickou con un passaggio lungo. Il tempo di volo del pallone consentirebbe a Faf de Klerk di salire rapidamente e andare a bloccare il centro francese

Jalibert prende allora l’unica scelta sensata: attaccare la frattura fra Snyman e il suo interno, andare oltre e scaricare sull’accorrente Jelonch. Per Kriel è un successo: invece di riuscire a giocare l’importante superiorità numerica nello spazio, la Francia viene ancora una volta costretta nell’imbuto centrale, dove arriva in soccorso la difesa interna

Anche se Kriel non riesce a fermare Jelonch, il suo lavoro è cruciale per permettere a Fourie di recuperare dall’interno ed eseguire il placcaggio, sul quale Pieter-Steph du Toit andrà a disturbare il possesso avversario. Nel punto d’incontro che ne consegue, il pallone uscirà non controllato e, colpito accidentalmente da Dupont con il piede, finirà in mano sudafricana.

Quello delle immagini precedenti è solo uno degli esempi delle numerose volte in cui Kriel si è prodotto in questo lavoro inesauribile di chiusura delle opzioni esterne per costringere l’attacco a tornare verso il centro del campo. Un compito svolto con grande abnegazione e grazie ai mezzi atletici del tutto particolari del giocatore in maglia numero 13, che nella sua maturità sembra peraltro aver raffinato il proprio corpo, meno esageratamente ipertrofico rispetto alla giovinezza ma decisamente muscolare ed esplosivo.

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È questo che ha reso la prestazione di Jesse Kriel memorabile, insieme ovviamente all’assist meraviglioso offerto a Cheslin Kolbe sfruttando nel miglior modo possibile un pallone di recupero. Anche in questo caso, il secondo centro ha dimostrato la crescita avuta nel corso degli anni, con un tipo di azione che non apparteneva al suo bagaglio tecnico della prima ora.

D’altra parte considerare un giocatore in prematuro declino quando lo si guarda dall’esterno è sempre un errore. Jesse Kriel non è mai stato messo da parte, prima di tutto dallo staff tecnico sudafricano. E infatti, in quell’intervista con Will Genia organizzata da Rugbypass, la risposta alla domanda: “Qual è il miglior allenatore che hai avuto?” è stata semplice, breve, senza doverci riflettere.

“Rassie Erasmus.”

Lorenzo Calamai

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