Il tecnico argentino ha risposto in conferenza stampa alle domande della stampa
Gonzalo Quesada, 49 anni, ex tecnico di Racing 92, Stade Français e Jaguares, è ufficialmente il nuovo capo allenatore della nazionale italiana di rugby.
L’argentino è stato presentato ufficialmente il 31 ottobre presso il Salone d’Onore del CONI a Roma alla presenza del Presidente Marzio Innocenti e dei quadri della FIR, oltre che della stampa di settore.
Dopo una prima introduzione, Quesada ha risposto a diverse domande, spaziando su diversi temi del rugby italiano e non solo.
“Possiamo tenere diverse cose buone di quello che la nazionale ha potuto fare in questi mesi e al mondiale – ha detto il tecnico – ma dobbiamo migliorare alcuni fondamentali del nostro gioco per affrontare le migliori squadre di Europa a marzo.”
Il Sei Nazioni è imminente e il tempo per prepararlo risicato. Il primo raduno della nazionale con il nuovo tecnico si terrà all’inizio di gennaio, ma nel frattempo per Quesada è il momento di rapportarsi al proprio staff tecnico.
“Ho accettato lo staff senza problemi, anche se è la prima volta che lavoro senza conoscere già chi mi affiancherà. Il presidente Innocenti si è detto eventualmente disponibile ad implementarlo se ci sarà la necessità di farlo. Se da una parte è vero che sono abituato ad avere staff più numerosi, preferisco focalizzarmi su quello che abbiamo piuttosto che su quello che ci manca: sono contento dello staff a disposizione. L’Italia è una buona squadra con un ottimo staff, che ha lavorato in molto bene finora: c’è tutto quello di cui abbiamo bisogno per fare un buon Torneo. Avremo solo tre giorni di effettiva preparazione con i giocatori militanti all’estero per preparare il Sei Nazioni, ma possiamo comunque arrivare pronti.”
“Prima di parlare di capitani e leadership – ha proseguito, incalzato su un possibile avvicendamento nel ruolo – dobbiamo definire la nostra identità di gioco. Il capitano sarà la conseguenza di questo processo. Oggi per me è impossibile parlare di chi possa farlo. Ho visto tutte le partite della squadra più volte, ma non basta per scegliere.”
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Molto del discorso di Quesada si è incentrato sulla necessità, come prima cosa, di costruire una identità per la sua squadra, lavorando con lo staff e i giocatori per definirla.
“Ho allenato 15 anni a Parigi, una metropoli multiculturale, allenando giocatori di 12 nazionalità diverse. Sono abituato a creare un’unica identità a partire da culture diverse. Oggi la nazionale è una squadra fatta di giocatori che rappresentano l’Italia, e per un paese con una storia di migrazioni come questo non credo sia un problema avere giocatori che possano essere nati in Sudafrica o in Argentina. Quale squadra vogliamo essere, quali sono i nostri valori, come andremo a lavorare insieme: queste sono le prime cose di cui parlare.”
“Mi piace molto l’idea di gioco che l’Italia ha messo in campo negli ultimi tempi. Ho una filosofia di attacco simile e non penso che la cambieremo. Credo anche che sia insita nella cultura italiana e ce la teniamo stretta. Tuttavia dobbiamo migliorare nello sfruttarla nelle giuste zone del campo, sviluppando nel contempo le basi del gioco.”
“Alla Rugby World Cup, ad esempio, Inghilterra e Sudafrica hanno dimostrato che il possesso non è tutto. Questo, unito al fatto che l’Italia è la squadra che negli ultimi 2 Sei Nazioni ha giocato di più dal proprio campo, finendo sesta per punti subiti, ci fa capire che l’attacco è il tetto della nostra costruzione. Quindi prima di tutto costruiamo l’identità, poi andremo a rafforzare le basi del gioco in relazione all’identità. Da giocatore ho imparato quanto è difficile giocare contro l’Italia, una squadra dura, forte in mischia, con un cuore che batte sempre. E su queste basi possiamo costruire la nostra conquista, la difesa, delle uscite dal proprio campo più pragmatiche. Infine arriva l’attacco.”
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