Tante cose da cambiare secondo l’ex grande arbitro gallese, che sostiene come alcune novità nel rugby non hanno funzionato per niente
Pur avendo chiuso la carriera arbitrale da diverse stagioni, Nigel Owens è un personaggio che fa sempre discutere per la sua capacità di analizzare con freddezza molti dei temi che costellano il rugby moderno. L’ex direttore di gara gallese non poteva esimersi dal commentare una Rugby World Cup nella quale l’influenza arbitrale è stata fortissima, a partire da una finale nella quale il cartellino rosso rifilato al capitano degli All Blacks Sam Cane ha pesato.
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Nigel Owens, che ha diretto la finalissima tra Nuova Zelanda e Australia nel 2015, ha detto come secondo lui la cosa più importante da vede e alla quale mettere mano è quella legata ai contatti testa contro testa, perché secondo lui il modo di arbitrarli e valutarli a oggi non sta portando i benefici sperati con molti giocatori che non hanno cambiato atteggiamento nonostante i tantissimi cartellini sventolati nell’ultimo periodo.
Owens non è nemmeno soddisfatto del modo in cui vengono gestite le decisioni seguenti al “tenuto alto” di un giocatore oltre la linea di meta: “Concedere la ripartenza dei 22 con il drop premia eccessivamente il gioco difensivo, questa regola non ha funzionato e non funzionerà mai. Io tenderei a dare un vantaggio alla squadra che attacca”.
Ci sono state parole importanti anche riguardo l’utilizzo del TMO, sul quale si era espresso anche Steve Hansen la scorsa settimana. Senza troppi giri di parole Owens dice “Uso della tecnologia e bunker di fatto stanno cambiando le partite, sembra che l’arbitro principale sia quello del TMO e questo non è giusto né vero. Il direttore di gara in campo è aiutato da due assistenti, ma nonostante questo a volte sembra che ognuno (compreso il TMO) abbia un’opinione diversa sulla lettura dei falli. Così non va bene, dovrebbe pesare maggiormente il giudizio del primo arbitro”.
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Riferendosi poi al cartellino rosso comminato a Cane durante la finale del Mondiale Owens aggiunge come secondo lui Barnes era il solo uomo indicato a decidere, senza passare dal bunker affidandosi a terzi. “Il bunker non elimina le controversie, io non avrei mai fatto quella scelta dopo il fallo del neozelandese. Così facendo di fatto non si vedranno più cartellini rossi sventolati in campo, sarà tutto demandato all’arbitro dietro il video”.
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