Il mediano inglese sta vivendo al meglio la sua seconda vita sportiva in Italia
Nel Benetton che si appresta a sfidare gli Ospreys in trasferta per la prima uscita di Challenge Cup dell’edizione 2023/24, in mediana c’è ancora Andy Uren.
Una conferma che arriva meritatamente sulla base di prestazioni convincenti. Il mediano inglese infatti non ha avuto alcun problema di ambientamento e si è subito ritagliato spazi influenti.
Per l’ex numero 9 del Bristol si tratta della prima esperienza lontana dai confini d’Inghilterra. Prima dell’acquisto da parte dei trevigiani infatti sembrava destinato unicamente ad allungare la carriera proprio nella sua città natale.
Invece l’arrivo in Italia sembra aver dato una svolta decisa al suo percorso agonistico. Ne ha parlato lo stesso Uren rugbydump.com, rivelando alcuni passaggi interessanti del suo passato e del presente.
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Benetton Rugby, Andy Uren: “Inizio incredibile, cerco di essere un fattore importante per la squadra”
La prima cosa che è rimasta impressa al giocatore è stato il clima, molto più clemente in Italia che nel Regno Unito. Spiegando tutto ciò che sta facendo per conoscere la cultura e le abitudini italiane, è presto passato a tracciare le differenze tecniche tra il modo di giocare che aveva con i Bears e quello che ha a Treviso.
Quando gli viene chiesto di spiegare cosa è cambiato, Andy Uren ha raccontato che in campo il Benetton è molto più focalizzato sull’interpretazione che può dare un singolo giocatore, mentre il Bristol predicava un rugby più strutturato. “Se vediamo un’opportunità, possiamo prenderla. Si tratta di lasciare la conduzione a noi ragazzi in campo. Dipende da come ci sentiamo, dalla situazione che si presenta”.
Poi il focus sul primo scorcio di stagione. Per lui sei presenze in sette partite e ora nuovamente i galloni da titolare in coppa.
“Abbiamo avuto un inizio di stagione incredibile e cerco di essere un fattore importante in questo, cerco di aiutare la squadra e sono davvero felice di farlo. Le partite sono state probabilmente troppo vicine nel punteggio, dobbiamo segnare qualche punto in più, qualche meta in più, abbiamo avuto le opportunità, ma di solito questi scarti ridotti sono dovuti a qualche errore negli ultimi passaggi, penso comunque che stiamo andando nella giusta direzione. La nostra difesa è di qualità e i giocatori italiani hanno una grande fame, amano la propria squadra, quindi continueranno a combattere fino alla fine.”
Il rapporto con Jacob Umaga e la rivalità con Harry Randall
Uren ha dimostrato subito feeling con Jacob Umaga e ha spiegato che l’ex Wasps “sa come vuole giocare”, un fattore che consente ai due di lavorare bene insieme. Parlando del collega ha anche dichirato che mentre appariva come un giocatore molto elettrico ai Wasps, da quando è arrivato in Italia Umaga è maturato in un regista più preciso. Il nipote della leggenda degli All Black Tana Umaga infatti è sempre più a suo agio in un ruolo di leadership che forse non avrebbe avuto un paio di anni fa.
Parlando della sua decisione di lasciare il club della sua città natale, Uren ha raccontato le bizzarre circostanze che hanno portato alla sua partenza. Uren aveva appena firmato un contratto triennale con i Bears prima che il Benetton arrivasse con un’offerta che gli avrebbe garantito sostanzialmente una maglia da titolare.
Per lui infatti la permanenza a Bristol è stata positiva in termini di prestazioni e fiducia da parte dello staff, ma il numero 9 titolare dei momenti importanti è sempre stato Harry Randall, un atleta con cui è amico e competitor al tempo stesso. Anche lo staff dell’Inghilterra ai tempi di Eddie Jones sembrava aver messo gli occhi su entrambi, regalando attenzione e qualche sprazzo di gloria solo a Randall.
“È stata una decisione davvero importante per me trasferirmi qui, avevo appena strappato un contratto triennale di cui ero davvero entusiasta. Avrei potuto facilmente giocare tutta la mia carriera a Bristol perché ho tutti i miei amici e la mia famiglia lì. Pat Lam è stato brillante in tutto, Steve Landsdown (il proprietario), Chris Boyd (il presidente), non posso criticare nessuno di loro. Sono stati tutti davvero collaborativi.”
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