Marco Riccioni ha parlato approfonditamente della salute mentale nel rugby

Il pilone si è anche soffermato sulla sua condizione fisica dopo l’infortunio

Marco Riccioni con la maglia della nazionale alla Rugby World Cup 2023 – ph. Sebastiano Pessina

Marco Riccioni a tutto tondo. Il pilone dei Saracens e della nazionale italiana si è raccontato nel podcast “Leoni Fuori” toccando diversi punti della sua attuale carriera. Dall’infortunio che lo ha colpito nelle ultime settimane alla gestione della salute mentale nel mondo del rugby. Ecco cosa ha detto il prima linea.

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Marco Riccioni: le condizioni fisiche e la salute mentale nel rugby

“Adesso sto meglio. Ho dovuto fare – ha affermato – una piccola operazione per liberare un problema che si era un po’ aggravato, soprattutto dopo il Mondiale. Abbiamo provato a farlo passare e gestire in qualche modo, ma alla fine un intervento è stato necessario. Per fortuna con uno specialista ho trovato una soluzione e sono felice: non avrei potuto continuare a giocare in quelle condizioni”.

Sui tempi di recupero: “Quando si vanno a toccare i nervi o le ernie è sempre difficile ipotizzare un momento preciso. L’obiettivo è quello di essere ok per il Sei Nazioni: è la cosa che mi interessa. Se dovessi essere in dirittura d’arrivo, ma non ancora pienamente disponibile, lo dico già da ora, capirei le scelte di Gonzalo Quesada nel voler portare ragazzi più in forma nel mio ruolo”.

Owen Farrell e la scelta di prendersi un break dalle convocazioni internazionali: “Prendersi un periodo di stop dall’attività internazionale? Io per certi versi questa cosa la vedo anche normale. Il “caso Farrell” lo definirei disgustoso: mi dispiace per come è stato trattato per questa sua scelta. Lo conosco e so che persona è: vedere tutta la m****a che gli hanno buttato addosso in questi anni: un conto è se questo magari arriva dalla stampa estera, un conto è se questo ti arriva addirittura dalla nazione che tu rappresenti”.

“Farrell comunque non è il solo. Anche Atonio ha avuto un momento di riflessione, il fatto è che si gioca tanto: si gioca ad un livello sempre più alto, basti pensare ai quarti di finale della Rugby World Cup, a un ritmo logorante”.

Valutazioni: “Alla lunga è chiaro che si debbano fare delle scelte. Per esempio alla fine della stagione, dopo i campionati: in un attimo si è proiettati sull’attività internazionale estiva. E li affiorano pensieri: è più facile pensare di saltare una tournèe in estate che un torneo prestigioso come il Sei Nazioni. Penso anche soprattutto a chi una famiglia a casa. Quando sei giovane hai meno responsabilità, con l’età ci sono cose che arrivano e scelte da prendere”.

L’aiuto degli psicologi: “Intanto sfatiamo un mito: io mi faccio seguire da una psicologa anche al di fuori dell’attività rugbystica. E’ fondamentale avere una persona che ti segua. Qui ai Saracens vedo tanti ragazzi che a volte “si mangiano dentro” per l’ansia di una partita: ci sta la tensione, ma ci sta anche il cercare di godersi le cose, come una partita a livello internazionale. Io personalmente intendo tutto come un divertimento: e se non ci fosse questa condizione, probabilmente, smetterei di giocare. Qui ai Saracens ci sono persone che ci conoscono e ci aiutano stimolandoci nei punti giusti ed è di quelle che bisogna circondarsi: è fondamentale. Non è una cosa solo per lo sport: stare bene mentalmente, ti fa stare bene in generale”

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