Nonostante le smentite del Racing 92, un’esperienza francese rappresenta l’occasione per rompere un circolo di negatività
La notizia del possibile trasferimento di Owen Farrell al Racing 92 ha fatto rumore. Il trentaduenne capitano dei Saracens e del XV della Rosa è uno degli uomini simbolo del rugby mondiale ed è anche il miglior realizzatore nella storia della nazionale inglese con 1237 punti, 58 in più di sua maestà Jonny Wilkinson.
Però in tanti lo detestano. Forse perchè non ricalca lo stile di Jonny Wilkinson (uomo simbolo a cui spesso è stato accostato), campione di fair play ed eleganza, o forse perché è un giocatore tremendamente competitivo e dunque fastidioso, come solo i grandi sportivi sanno esserlo.
Sul fatto che Farrell sia antipatico si può essere d’accordo o meno, mentre sul livello di astio che si respira nei suo confronti si apre un capitolo diverso. Praticamente non c’è più una partita internazionale in cui non siano udibili fischi e buuuuuu ogni volta che è coinvolto in prima persona.
Negli ultimi anni si è reso protagonista di molte azioni al limite del regolamento, prendendosi poi le conseguenti squalifiche e le critiche provenienti da più parti. Prima di tornare in plancia di comando e recitare un ruolo centrale nel terzo posto dell’Inghilterra alla Coppa del Mondo 2023, aveva dovuto scontare 4 partite di squalifica a causa dell’ennesimo placcaggio scomposto ai danni di Taine Basham.
Dai tempi del fallaccio su Andrè Estheruizen i detrattori sono inevitabilmente aumentati. La cassa di risonanza dei social media ha fatto il resto, costringendolo a prendersi una pausa dalla nazionale per salvaguardare la sua salute mentale e la sua famiglia dalle logiche pressioni che inevitabilmente si abbattono sul capitano di una formazione sempre sotto i riflettori come quella inglese.
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Attraversare la Manica per rinascere
In un confronto anomalo tra Farrell e Wilkinson però esiste una convergenza, quella che porta in Francia.
Il baronetto cresciuto con i colori del Newcastle addosso, ha vissuto una seconda parte di carriera esaltante a Tolone, una realtà in quel momento storico densa di stelle in cui ha saputo fermare il ciclo infernale di infortuni e dove è riuscito a conquistare nuova fama e titoli di grande spessore.
Per Owen Farrell una nuova esperienza oltremanica significherebbe interrompere una spirale di negatività che gli è piombata addosso (anche per responsabilità sua) e rischia di compromettere una carriera comunque eccezionale.
Il fatto che poi non sarà più convocabile per la nazionale non cambia granché le carte in tavola. Un atleta con la sua personalità sa come gestire gli alti e i bassi della vita da professionista.
Dopo un biennio fuori dalle mura amiche avrebbe tutto il tempo di tornare a casa probabilmente rigenerato negli stimoli e riprendersi una maglia da titolare per la rassegna iridata, anche se al momento della RWC australiana avrebbe la non più tenera età di 36 anni.
Riabbracciare Stuart Lancaster
A dispetto della politica autarchica della federazione inglese, appare chiaro che i giocatori che si dedicano ad avventure estere (oltretutto in un campionato mai banale come il Top 14) siano poi in grado di riversare nuove competenze nella terra madre.
Per un profilo come Owen Farrell che già si muove come un allenatore in campo, il confronto costante con altri leader di statura internazionale metterebbe una ciliegina sulla torta ad un curriculum già scintillante.
Inoltre c’è un aspetto economico che va ad impattare positivamente sull’eventuale opzione francese. Certo, Farrell è uno dei giocatori più pagati al mondo, ma è anche in scadenza con i Saracens e la RFU si appresta a proporre i contratti “centralizzati” ai giocatori che andranno a formare il blocco dell’Inghilterra in proiezione della RWC del 2027.
Non è dato sapere se la federazione e il suo club gli abbiano proposto un rinnovo, in ogni caso sembra che la fase di stallo possa aver influito sulla presa di informazioni con il club parigino.
Il Racing 92 che nega fermamente ogni contatto, in questo momento è sotto la guida di Stuart Lancaster, il coach che lo ha lanciato senza indugi a livello internazionale quando aveva appena vent’anni. Vincere fuori dai confini nazionali insieme ad un allenatore così iconico quasi 10 anni dopo l’amara uscita dalla RWC del 2015, sarebbe un’interessante chiusura del cerchio.
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Il rapporto con i Saracens e con I CT
Owen Farrell indossa il rosso e nero dei Saracens da quando aveva 16 anni. Se si esclude un breve prestito a Bredford, ha sempre giocato con la squadra del nord di Londra. Lì è cresciuto e si è affermato, rimanendo una figura primaria nello scacchiere di Mark McCall.
Spesso si tende a dimenticare i successi che ha ottenuto questo giocatore a livello di club. Invece le coppe sono tante. Sei titoli di Premiership e tre Champions Cup, ogni volta da grandissimo protagonista. Trofei che bastano e avanzano per capire quanto le sue prestazioni abbiano influito nello sviluppo dei Sarries come squadra da sogno.
È rimasto con loro anche quando nel 2019 sono stati relegati in seconda divisione a causa dello scandalo del salary cap, dimostrando attaccamento totale alla maglia. Le parole di McCall a proposito dei rumors sono chiare: “Ha dato la sua vita al nostro club. Se lui e la sua famiglia vogliono una nuova esperienza altrove, chi può biasimarlo?”
This young @Saracens fan doesn’t want Owen Farrell going anywhere!#GallagherPrem | #LEIvSAR pic.twitter.com/e5HjR36N1Q
— Rugby on TNT Sports (@rugbyontnt) January 6, 2024
I Saracens dunque perderebbero un giocatore chiave, difficilmente sostituibile. Per la nazionale invece le opzioni ci sono o arrivano, ma non sono sempre all’altezza. Non è un caso se gli allenatori che si sono susseguiti alla guida dell’Inghilterra hanno sempre scelto lui.
Eppure non sono mancati i dualismi. Prima George Ford, poi Marcus Smith hanno creato dibattito e suscitato opinioni contrastanti, soprattutto in chi vede Owen Farrell come un giocatore troppo basico quando in cabina di regia, da alternare con altri profili più creativi.
Stuart Lancaster, Eddie Jones e poi Steve Borthwick hanno ribadito un concetto molto chiaro: quando sta bene fisicamente, Faz non si tocca. Che sia mediano di apertura o primo centro poco importa, perchè possiede le skills giuste per dare ciò che serve alla squadra in termini di distribuzione, leadership e punti al piede.
Nonostante la capacità di caricarsi le responsabilità sulle spalle sia la sua cifra stilistica più evidente, una pausa dal caotico rugby inglese potrebbe aprire nuovi scenari per gli atleti che finora hanno vissuto nel suo cono d’ombra e regalare la giusta tranquillità ad un giocatore indubbiamente controvoerso, ma anche uno dei più forti dell’ultima decade.
Valerio Bardi
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