Abbiamo visto in anteprima la nuova docuserie sul Torneo di rugby più famoso del mondo: ecco la nostra opinione
È finalmente uscita Full Contact, la prima docuserie Netflix dedicata al Sei Nazioni. Divisa in 8 episodi da circa 45 minuti l’uno, la serie è prodotta da James Gay-Rees, già demirurgo del successo planetario di Drive to Survive e ha l’obiettivo di scandagliare tutto ciò che c’è stato dietro all’edizione 2023 del Torneo di rugby più famoso del mondo: dalle dinamiche interne agli spogliatoi alle storie dei principali protagonisti.
Full Contact: la recensione della serie dedicata al Sei Nazioni
Chiaramente, la valutazione di Full Contact non può prescindere da una premessa fondamentale: è un prodotto pensato anche – e soprattutto – per avvicinare nuovi appassionati al rugby. La struttura, infatti, è identica a quella del “fratello maggiore” Drive to Survive, serie di grandissimo successo dedicata alla Formula 1, che infatti ha portato tante persone a seguire il mondo dei motori: tanta concentrazione sulle storie fuori dal campo dei singoli personaggi e delle loro famiglie (per gli Azzurri troviamo Sebastian Negri e Stephen Varney), numerosi passaggi avanti e indietro nel tempo nella narrazione del Sei Nazioni 2023, che non è del tutto cronologica, racconto delle partite che indugia sui momenti di maggiore tensione, sui contatti duri in campo e sulle reazioni degli allenatori.
Detto questo, ci sono tanti elementi molto interessanti anche gli appassionati più esigenti. Proprio il “focus” sui coach e in generale sul “dietro le quinte” è uno di questi. Le reazioni alle vittorie e, soprattutto, alle sconfitte vengono raccontate senza filtri. Si percepisce il dispiacere, la rabbia, la frustrazione, tutte cose che non traspaiono quasi mai dalle dichiarazioni sempre molto diplomatiche dei post-partita. Si vede il c.t. della Scozia Gregor Townsend arrabbiato con i suoi per la prestazione non all’altezza nonostante la storica vittoria di Twickenham. C’è il racconto del clamoroso sciopero dei giocatori gallesi, appoggiato anche da colleghi di altre squadre. E si vede Kieran Crowley ammonire severamente gli Azzurri (“Se volete arrivare ultimi per altri 22 anni, continuate a giocare così”) o chiedere ai ragazzi dopo la partita col Galles “Come c***o abbiamo fatto a perdere?”. Importanti protagonisti della serie sono anche Andrew Porter, Finn Russell, Marcus Smith, Stuart Hogg, Gael Fickou e altri ancora.
Ciò che salta all’occhio è la qualità del prodotto, fatto con tutti i crismi delle docuserie Netflix. Certo, la narrazione a volte è eccessivamente spettacolarizzata, come normale che sia per qualsiasi prodotto che ha come obiettivo quello di attirare un pubblico nuovo e non esperto del tema. Questo, per chi segue quotidianamente il mondo del rugby, potrebbe rendere un po’ “pesanti” alcuni passaggi, ma la qualità dei “dietro le quinte” (che forse poteva essere ulteriormente approfondito) le storie raccontate direttamente dai protagonisti, la struttura e il linguaggio senza particolari filtri (parolacce comprese) lo rendono un prodotto appassionante e adatto a tutti coloro che del Sei Nazioni conoscono vita, morte e miracoli ma vogliono saperne ancora di più. Forse manca il “colpo vincente”, quello che l’avrebbe resa una grande serie, ma come primo approccio il risultato è più che buono.
Tanta Italia nella serie Netflix “Full Contact”
Naturalmente, l’Italia è ben presente nella serie. In particolare, ci sono 2 episodi in cui gli Azzurri sono protagonisti, oltre a quello finale che approfondisce l’ultima giornata, quella del “Super-Saturday”, e di conseguenza dà spazio a tutte le squadre. La sfida di Twickenham fra Inghilterra e Italia viene introdotta attraverso due storie che si incrociano, quelle di Ellis Genge e Sebastian Negri. Entrambi hanno un passato particolare, non facile, e nella sfida del 2022 all’Olimpico il pilone inglese fu il primo a soccorrere Negri dopo un bruttissimo colpo alla testa che gli aveva messo la lingua in una posizione innaturale, evitando conseguenze peggiori.
Grande spazio anche per Italia-Galles, raccontato come uno “spareggio” per non arrivare ultimi. Si passa attraverso la grande amicizia tra Stephen Varney e Louis Rees-Zammit, compagni di liceo e adesso avversari e si arriva alla partita, celebre anche per la veemente reazione del c.t. Crowley ad alcune decisioni arbitrali. Reazioni mostrate “in presa diretta” anche dalla telecamera puntata sulla panchina azzurra. Come detto, i coach sono tra i principali protagonisti. Per quanto riguarda l’Italia, la serie approfondisce molto il rapporto tra Kieran Crowley e il suo assistente neozelandese Neil Barnes, uomo di grande esperienza che non ha problemi a dire quello che pensa, come si noterà subito nella serie.
Nonostante alcuni passaggi possano risultare un po’ retorici per chi conosce bene il rugby, “Full Contact” si presenta come una serie godibile e molto ben fatta. Come detto in precedenza, poteva essere dato ancora più spazio ad altri aspetti “interni” alle squadre e allo spogliatoio, ma se dovesse diventare un appuntamento annuale fisso, come lo è Drive to Survive, sarebbe un importante successo per tutto il mondo del rugby.
Francesco Palma
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