Francia, Lucu e Jalibert in regia: “Mi lamento, lo maledico e lo insulto, ma funzioniamo alla grande”

Il mediano di mischia ha raccontato il rapporto con il compagno di club e di nazionale: saranno alla guida del XV de France

Francia, Lucu e Jalibert in regia: “Mi lamento, lo maledico e lo insulto, ma funzioniamo alla grande” – ph. Sebastiano Pessina

Maxime Lucu e Matthieu Jalibert, il nove e il dieci della Francia al prossimo Sei Nazioni. Compagni di squadra in nazionale e nel club, visto che condividono anche la cabina di regia del Bordeaux dal 2019.

Cinque anni di differenza tra i due, rispettivamente classe 1993 e 1998, ma una solida amicizia costruita nel corso delle stagioni passate insieme. Sono destinati a prendere le redini della nazionale vista la contemporanea assenza di Antoine Dupont e Romain Ntamack, uno per le Olimpiadi e l’altro per infortunio. In nazionale hanno giocato insieme all’ultima Rugby World Cup in Francia-Italia, e non è andata male.

“Siamo come una vecchia coppia, ma senza la monotonia – ha raccontato Lucu in una lunga intervista a Midi Olympique – Vi posso assicurare che sul terreno di gioco fra me e Matthieu ci sono scambi abbastanza caldi.”

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“Mi lamento, impreco e arrivo fino a insultarlo e lui fa lo stesso con me in mezzo alla partita. Ma la nostra associazione è una forza. Il suo carattere mi obbliga a uscire dalla mia riservatezza e a volte lui ha bisogno della mia calma per raffreddare i suoi ardori. E questo ci fa migliorare l’un l’altro e rende la squadra migliore.”

Maxime Lucu è arrivato tardi al grande rugby. Solo 5 anni fa giocava ancora in ProD2, nel Biarritz. Poi il passaggio a Bordeaux, la tarda fioritura, il posto di mediano di mischia dietro Antoine Dupont. Fuori dal campo è una persona tranquilla e discreta, al limite della timidezza, mentre in campo lo si può vedere spesso gesticolare furiosamente.

“Il campo è la mia valvola di sfogo. Ho bisogno di esprimermi, di urlare, di strillare.”

“Ma non mi vedrete mai farlo per strada – ride – Nel quotidiano non amo parlare di me o essere protagonista, ma in campo devo esprimere ciò che mi ribolle dentro. È il mio lato un po’ schizofrenico. In tutte le partite gioco ogni azione come fosse l’ultima. Poi odio rivedermi in televisione. Quando rivediamo le azioni in sessione video o le repliche in TV e mi vedo gridare, penso: ma che idiota!”

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