L’imprecisione in rimessa laterale, la ricezione dei palloni alti e l’uscita dalla propria zona rossa sono i frangenti che sono costati la partita agli Azzurri
Un peccato. Come riconosciuto dalla totalità degli Azzurri interpellati dopo la sconfitta per 24-27 subita per mano dell’Inghilterra nella prima giornata del Sei Nazioni 2024, il rimpianto per aver perso l’occasione di ottenere un risultato storico supera la contentezza per un avvio di Torneo non banale, con il miglior risultato di sempre contro una squadra reduce da un terzo posto alla Rugby World Cup.
Sul prato dell’Olimpico di Roma gli Azzurri hanno giocato alla pari contro i sudditi di Re Carlo come non accadeva da tempo: bisogna tornare al 2013 per trovare un risultato dove il distacco fra le due squadre non fosse in doppia cifra e nell’ultimo decennio solo lo scorso anno si è rimasti sotto i 20 punti di differenza.
Certo le condizioni della gara di sabato pomeriggio erano particolari: l’Italia con un gruppo tutto sommato rodato, ma con un cambio alla guida tecnica; l’Inghilterra che ha rinnovato parte dello staff e tantissimi dei protagonisti in campo dopo il mondiale; entrambe le squadre con poche sessioni di allenamento per preparare il Torneo.
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La partita di Roma è stata forse la più divertente del weekend, ma entrambe le squadre hanno dimostrato di avere aspetti da aggiustare. L’Inghilterra ha messo in mostra un nuovo sistema difensivo che ha fatto decisamente acqua nella prima parte dell’incontro, con l’Italia brava a sfruttare le occasioni che gli avversari le hanno messo di fronte. Gli Azzurri dovranno invece migliorare il gioco tattico, che è stata la chiave principale della partita.
Dalla seconda meta degli Azzurri al 27′ fino al calcio di punizione sbagliato da Tommaso Allan al 57′ l’Italia non è praticamente riuscita ad avere un singolo possesso nella metà campo avversaria, chiusa nei propri 50 metri dal gioco al piede degli avversari.
Giocare contro una squadra che ha contemporaneamente in campo Alex Mitchell, George Ford, Henry Slade, Elliot Daly e Freddie Steward è un vero e proprio incubo per chi si occupa del gioco tattico e della copertura della profondità. In particolare, per quanto Ethan Roots abbia giocato un’ottima e sostanziosa partita al debutto, il mediano di mischia dell’Inghilterra meritava decisamente la palma di migliore in campo per come ha gestito il gioco al piede in maniera precisa. E pensare che era stato in dubbio fino all’ultimo, saltando parte della settimana di allenamenti.
Gioco tattico vinto dall’Inghilterra: Paolo Garbisi calcia poco dietro la linea di metà campo, gli ospiti chiudono lo scambio con un possesso a favore oltre la linea dei 10 metri. Tutto inizia dal mancino sontuoso di Elliot Daly, che sfodera un calcio ad alto coefficiente di difficoltà
Da par suo l’Italia ha peccato sotto tre aspetti: la rimessa laterale, le uscite dai propri 22 metri, i contrasti aerei sui palloni alti.
Le rimesse laterali
Maro Itoje e Ollie Chessum hanno sporcato un gran numero di lanci, e il numero inferiore di possibili bersagli nell’allineamento italiano ha facilitato loro il compito. Nello scorso Sei Nazioni Federico Ruzza ha portato a terra più del doppio dei palloni di ogni altro saltatore del Torneo. Un indice eloquente.
Il magro 10/15 dell’Italia in touche ha tolto agli Azzurri possessi importanti, quasi tutti nei dintorni della metà campo, che avrebbero consentito di rifiatare e di togliere finalmente pressione a una difesa che è stata quasi sempre esemplare, ma che non può reggere all’infinito.
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Le exits
Come preannunciato da Gonzalo Quesada l’Italia ha provato a uscire dalla propria zona rossa evitando di giocare la palla con le mani. Il modo preferito è stato quello di calciare dalla base della ruck non per contendere il pallone, ma direttamente in rimessa laterale, in maniera speculare a quanto fatto dall’Inghilterra.
I calci di Alessandro Garbisi da queste situazioni al 28′ e al 41′ hanno però fruttato un guadagno molto scarso nel primo caso, mentre nel secondo è stato sporcato. L’effetto è stato lo stesso: l’Inghilterra è rimasta ben dentro la metà campo avversaria, continuando a mettere pressione. Dopo il calcio corto del 28′, ad esempio, l’Italia ha difeso strenuamente per 3 minuti continuati nei propri 22 metri, finendo però per concedere il calcio di punizione che ha riportato gli ospiti sotto break (17-11).
In generale i 5 calci di Alessandro Garbisi, ottimo in altri frangenti di gioco, hanno avuto un guadagno medio di 16,9 metri secondo i dati della smart ball. Un numero povero se raffrontato ai 31,2 metri di Alex Mitchell dai suoi 8 calci. Al netto delle diverse situazioni in cui i due giocatori hanno utilizzato il piede, i box kicks dell’inglese sono stati decisamente più efficaci.
Anche quando l’Italia cerca di fare qualcosa di diverso, provando a mettere pressione su un pallone alto di Paolo Garbisi, l’Inghilterra è semplicemente più lucida e organizzata
Il gioco aereo
Sotto grande pressione anche Lorenzo Pani, Tommy Allan, Paolo Garbisi e Monty Ioane, ovvero i giocatori deputati ad alternarsi nella copertura profonda del campo. A diverse riprese ognuno di loro è stato chiamato alla presa aerea sotto un pallone alzato da uno dei numerosi calciatori inglesi, in particolare Alex Mitchell.
Gli Azzurri non ne sono sempre usciti vincitori, perdendo almeno tre contrasti aerei dove il pallone è tornato in mano all’Inghilterra qualche decina di metri più avanti rispetto al punto in cui era stato calciato. Fondamentale quello del 63′: dopo una buona exit di Varney l’Inghilterra lancia una rimessa laterale a metà campo, Danny Care alza un pallone al cielo direttamente dalla coda della maul, Monty Ioane non arriva sul punto di caduta e la palla è recuperata dall’Inghilterra a metà strada tra i 10 e i 22 metri azzurri. Una fase più tardi arriva il vantaggio, quindi il calcio che si trasforma nel +10 Inghilterra che ipoteca il match per gli ospiti.
Al contrario, l’Italia non è mai riuscita a mettere sotto pressione i ricevitori inglesi, anche se nelle prime battute della partita il box kick aveva funzionato e indotto al recupero di un paio di palloni.
L’Inghilterra, notate da una parte le qualità difensive azzurre e dall’altra i limiti italiani nell’uscire dal proprio campo, nel secondo tempo ha dato un giro di vite al proprio gioco offensivo: meno palloni giocati nella zona mediana del campo e più uso del piede intorno ai 50 metri.
Nel contempo nella ripresa anche la difesa è stata ben più efficace, distribuendosi meglio in campo e riuscendo a mettere molta più pressione alle strutture azzurre. Il sistema difensivo di Felix Jones assomiglia a quello degli Springboks campioni del mondo, dal cui staff l’irlandese proviene: difesa densa e forte vicino, con una velocità di salita estrema all’esterno volta a tagliare la possibilità di giocare al largo. Se nel primo tempo il lavoro dei giocatori sullo spazio non ha funzionato, nella ripresa è stato efficace nell’impedire all’Italia di sfruttare le superiorità numeriche.
Scollamento
Tutto quanto descritto sopra e il fatto che l’Inghilterra sia stata capace di aprire un parziale di 13-0 grazie alla meta di Mitchell e al piede di Ford ha portato a una disunione dell’ancora fragile sistema offensivo.
Dopo il sorpasso firmato dal mediano di mischia, infatti, l’Italia è tornata ad avere qualche possesso, ma per errori propri non è mai riuscita a sfruttarli a dovere: un sostegno tardivo sul tenuto di Itoje, l’in-avanti di Zuliani (dalla cui mischia l’Inghilterra vince il penalty del 24-17), una rimessa laterale persa, il tocco in-avanti di Ioane.
Nel secondo tempo la crescita della difesa inglese non ha permesso più all’Italia di utilizzare la propria combinazione fondamentale con i due centri ad attaccare alti e Garbisi a girare dietro la schiena prima di allargare. Qui Care obbliga il 10 Azzurro a tenere l’ovale prima dell’errore di Ioane. Lo stesso aveva fatto Slade in occasione di una precedente mischia ordinata
In mezzo il buon lancio del gioco da mischia ordinata con Garbisi e Ioane che attaccano dal lato chiuso, primo ingresso nei 22 metri avversari dalla meta di Allan trenta minuti prima. Anche in quella circostanza, chiusa dal calcio sbagliato dal numero 15, gli Azzurri avrebbero però potuto proseguire meglio, con Varney che esita nello scegliere il bersaglio del suo passaggio.
Tanti piccoli errori che evidenziano come la struttura offensiva abbia perso coesione e unità nella parte finale dell’incontro, un ultimo elemento che non ha permesso all’Italia di andare a competere fino in fondo per la vittoria.
Poche volte come sabato Italia e Inghilterra sono sembrate equivalersi sul campo. Gli Azzurri hanno fatto bene molte cose, a partire da una difesa solida e coesa a lungo fino alla forza emotiva di segnare quell’ultima meta a tempo scaduto. Servirà aggiungere ancora qualcosa in più non solo per provare a mettere in difficoltà l’Irlanda domenica prossima, ma anche per la seconda parte del Torneo, quella che si preannuncia la più interessante per i colori di casa nostra.
Lorenzo Calamai
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