La strada verso una continuità di rendimento è ancora lunga ma, tra il serio e il faceto, ecco qualche dettaglio
Il weekend appena concluso è senz’altro uno dei migliori che il rugby italiano possa annoverare negli ultimi anni. Venerdì sera è arrivata una storica vittoria dell’Italia Under 20, che ha superato la Francia per 23-20 a Beziers. Domenica la Seniores che pareggia 13-13 a Lille sfiorando l’impresa della prima vittoria in Francia nell’era Sei Nazioni. Nel mezzo c’è stato anche l’esordio di Andrea Piardi, primo arbitro italiano nella storia del Sei Nazioni, che ha diretto il match vinto dall’Irlanda sul Galles.
Non è certo (almeno per ora) il momento di farsi troppe illusioni, la strada verso una continuità di rendimento nelle prestazioni e nei risultati è ancora lunga. Occorre quanto mai confermare la crescita, che indubbiamente c’è, in maniera costante e duratura, sotto tuti i punti di vista e a tutti i livelli. Occorre anche avere lucidità e pazienza capendo che, come un bambino che sale le scale, bisogna fare un gradino alla volta mettendo in conto che ad ogni step successivo gli scalini sembrano sempre più alti e che la foga porta solo a rischiare di inciampare.
Italrugby: le cose più belle del fine settimana
Però, prima di volgere lo sguardo al futuro ci sembra giusto sottolineare ed evidenziare (tra il serio e il faceto) le cose belle di questo weekend:
La prestazione difensiva degli Azzurri nei primi 40 minuti è stata di altissimo livello. Non solo dal punto di vista dei placcaggi (alla fine saranno 178 in 80 minuti) ma anche della solidità difensiva e del breakdown. Tante volte, infatti, abbiamo visto Maxime Lucu tirare fuori palloni “sporchi” dalle ruck durante gli assalti francesi, grazie alla pressione che gli Azzurri riuscivano a mettere nel punto d’incontro. La Francia le ha provate tutte: con le cariche degli avanti (Tuilagi su tutti), poi con le giocate di un Jalibert che col passare del tempo sembrava sempre meno lucido nelle scelte e preda dei placcaggi azzurri (Lamaro e Vintcent i migliori con 18 a testa) e nonostante 40 minuti di assalto non è mai riuscita a prendere il largo nel punteggio. Al di là del rosso a Danty, che chiaramente ha cambiato la partita, essere andati all’intervallo sotto solo 10-3 è stata la vera chiave del match, come sottolineato anche dal c.t. Gonzalo Quesada.
E poi c’è Tommaso Menoncello, eletto player of the match ufficiale e migliore in campo anche secondo le nostre pagelle. Ma sono i dettagli, che a volte sfuggono ai più, a rendere straordinaria una prestazione già ottima. Vedere per credere.
😂😂😂
When you don’t want your mate to concede a penalty! pic.twitter.com/lEUHZgci5f
— RugbyInsideLine (@RugbyInsideLine) February 25, 2024
Ci sono le dichiarazioni e l’atteggiamento di Paolo Garbisi, che dopo una prestazione superba in campo e una botta di sfortuna pazzesca, a caldo, parlando del calcio che all’80esimo ha colpito il palo dichiara: “fa parte del mio lavoro, quindi niente scuse, la mancata vittoria la prendo per me”. Niente giustificazioni, niente recriminazioni e anzi, forse fin troppa severità verso sé stesso: atteggiamento da campione.
L’aver riconquistato il decimo posto nel World rugby Ranking dopo quasi 11 anni. È vero, il ranking è provvisorio e a detta di molti sembra “contare poco”, ma vi possiamo assicurare che è un segnale forte e che all’estero, dove la percezione del nostro rugby è meno critica di quella che abbiamo qui. Questo 10° posto viene visto come l’ennesimo segnale di un movimento che sta pian pian crescendo. E come ci dicono molti colleghi che incontriamo nelle sale stampa dei match internazionali: “al rugby serve un’Italia forte”.
L’esibizione canora del tenore Davide Ascari che, dopo aver fatto la voce grossa in campo con il pack azzurro, è diventata oggetto di culto sul web per la spontaneità a la simpatia che esprimono la gioia del gruppo all’interno dello spogliatoio.
La definizione che il collega di Rugbyrama, versione online del prestigioso Midi Olympique, ha dato della prestazione di Marcos Gallorini: “ha dato l’impressione di essere un orco spietato”.
E poi c’è Andrea Piardi, che con una maturità e una sicurezza che lo hanno fatto sembrare tutto meno che un esordiente al Sei Nazioni, ha spiegato con eleganza e fermezza a Peter O’Mahony (non proprio uno qualunque) che le sue decisioni non si discutono. Fine della storia.
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