L’allenatore della difesa è alla sua ultima partita in Italia: “Nello sport di oggi non accade così spesso di rimanere a lungo. Felice di averne avuto l’opportunità”
Marius Goosen è alla vigilia della sua ultima partita casalinga da membro dello staff tecnico della nazionale italiana. Un ruolo che ha ricoperto negli ultimi 8 anni, un percorso che arriva a compimento con Italia-Scozia, in programma sabato 9 marzo alle 15:15 allo Stadio Olimpico di Roma.
“Sono alla fine della strada. Sto per lasciare questo paese dopo 22 anni. Ho allenato per 11 anni al Benetton, per 8 in questa squadra – ha detto il tecnico sudafricano, ex giocatore di Viadana, Rugby Roma e, soprattutto, Benetton nel corso della carriera nel nostro paese – Sono orgoglioso di averlo fatto, nello sport di oggi non siamo in tanti a poter rimanere così a lungo in un ambiente. Il club e la nazionale mi hanno dato l’opportunità di fare ciò che amo. Sono felice di intraprendere un nuovo cammino, ma ricorderò sempre con piacere e gratitudine tutto questo.”
“Penso che alla fine di questa esperienza in Italia potrei scrivere non un libro, ma due. Qui è sempre una battaglia. Non abbiamo la profondità di altri paesi in questo movimento, nonostante i grandissimi progressi in questo senso che sono sotto gli occhi di tutti. Sarà sempre così. In Italia il rugby non è il primo e nemmeno il secondo sport, e non c’è l’attività sportiva a scuola come nei paesi anglosassoni. Un’opportunità che fa una grande differenza.”
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“Una cosa che qui ho imparato come allenatore, però, è che qui devi allenare davvero. In Sudafrica se un tuo giocatore gioca male lo scarti e ne prendi un altro. Qui devi lavorarci, li devi far crescere. E qui ho sempre trovato la volontà dei giocatori di migliorarsi. Quello che ho sempre trovato in questo gruppo è questo. I ragazzi fanno un grandissimo lavoro non solo in campo ma anche fuori, stanno facendo tantissimo per migliorare l’aspetto mentale e questo è fondamentale per questo Paese.”
“La passione e la vulnerabilità che le persone dimostrano qui è un valore che mi porterò dietro – ha concluso Goosen – Spesso noi sudafricani abbiamo un’idea machista di dover bastare a noi stessi, mentre questi ragazzi non hanno paura di dire che hanno bisogno di una mano dagli altri se sono in difficoltà o stanno facendo fatica. Questo gruppo per me è stato bello da vivere e da vedere crescere anche per questo aspetto.”
C’è stata anche l’occasione per parlare del cambiamento nella qualità della difesa azzurra, che è sembrata decisamente salita di colpi con l’attenzione posta in questo settore da Gonzalo Quesada, malgrado sia sempre lo stesso Goosen ad essere incaricato della specifica fase di gioco: “Gonzalo ha una filosofia diversa da Kieran. Con lui eravamo concentrati soprattutto sull’attacco, sul creare un prodotto interessante anche per il pubblico e penso che fossimo riusciti a centrare questo obiettivo. Come allenatore della difesa ho sempre saputo, comunque, che andando in quella direzione era poi più complesso difendere. Provare a giocare dal proprio campo ti espone giocoforza a dei rischi.”
“Adesso siamo un po’ più conservativi, cercando di impedire turnovers nella nostra metà campo – ha spiegato – Zebre e Benetton quest’anno fanno la stessa cosa. Ci siamo concentrati sulla difesa nel nostro lavoro fino ad adesso, abbiamo preso fiducia e ora possiamo tornare a lavorare e a sviluppare anche il nostro attacco.”
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