Il grande lavoro dello staff azzurro per preparare la partita ha dato i suoi frutti
È successo: dopo 11 anni l’Italia è tornata a vincere una partita in casa al Sei Nazioni.
Lo ha fatto in grande stile, battendo con merito una Scozia che non è stata nella sua miglior versione possibile, ma che ha giocato una partita vera, ha messo sul piatto il proprio valore ed è stata battuta.
Niente cartellini rossi, niente intercetti in sequenza, niente vacanze romane né nessun altra sorta di arroganze: l’Italia ha ottenuto una vittoria senza ma, senza però. Un trionfo pieno che proprio per questo ha un valore aggiunto in più.
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Le fasi di Italia-Scozia
La gara dell’Olimpico può essere divisa in cinque parti, cinque atti ognuno collegato al precedente ma con caratteristiche a sé stanti.
In particolare il primo tempo è stato decisamente caleidoscopico, con le due squadre sulle montagne russe in quanto a capacità di imporsi sull’avversario.
Si è incominciato con una Scozia in grande spolvero, un avvio offensivo che ha fatto tremare le vene ai polsi dei tifosi italiani. Per quanto la difesa dei padroni di casa distribuisse legnate, attraversasse qualche fase positiva, la Scozia dimostrava di avere una potenza di fuoco eccezionale: avanti al lavoro per creare palloni rapidi da utilizzare nello spazio e cavalleria pesante del triangolo allargato a fare danni ogni volta che tocca un pallone.
Nei primi 12 minuti la Scozia segna due volte: Zander Fagerson finalizza con un pick and go le 16 precedenti fasi di gioco, poi Kyle Steyn fa uno zainetto di Ange Capuozzo e se lo porta oltre la linea poco dopo.
Serve una reazione immediata per rimanere attaccati alla partita e arriva con la meta di Nacho Brex, che richiude il punteggio in maniera cruciale al quarto d’ora. La marcatura del centro di Buenos Aires è un piccolo capolavoro di rugby guerrilla: un’imboscata studiata a tavolino e tesa nei confronti della retroguardia scozzese, che ci casca con tutti i vestiti.
NACHO 😤
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Nella clip si vede Kyle Steyn che si aggiunge all’ultimo alla rimessa laterale sui 22 metri per marcare Monty Ioane, inserito come primo uomo. La mossa comporta però di lasciare imprudentemente sguarnita la profondità del campo, prontamente esplorata dal calcetto di Martin Page-Relo.
Dal quindicesimo si apre una nuova fase dell’incontro. L’Italia è in partita, ma alcuni errori le impediscono di mantenere possesso e territorio, e se a questa Scozia lasci il pallone rischi di farti tagliare a fettine. Tra il 15′ e il 28′, quando Pierre Schoeman marca la terza meta per gli ospiti, l’Italia: perde un pallone in ricezione area con Monty Ioane; non riesce a mantenere il possesso con Tommaso Menoncello dopo aver forzato una ruck avversaria e sulla mischia che ne segue un errore al placcaggio consente a Blair Kinghorn di entrare nei 22 metri; subisce una controruck su proprio possesso all’altezza dei propri 10 metri; consente a Duhan van der Merwe un recupero aereo nella propria metà campo; si prende un calcio di punizione con Simone Ferrari dalle cui conseguenze la Scozia segna 3 punti; infine Andy Christie intercetta il pallone di Martin Page-Relo a metà campo, con il conseguente 50:22 di Finn Russell (che per questione di centimetri era un pallone riportato dentro la metà campo dalla Scozia e quindi fuori dallo spettro di applicazione della regola) che propizia il drive vincente del 10-22.
Tutto questo comportava che, dopo mezz’ora di gioco, la Scozia aveva avuto il 71% del possesso dell’ovale. Negli ultimi dieci minuti del primo tempo, però, le cose hanno iniziato a cambiare. L’Italia ha preso fiducia, mentre la Scozia ha cominciato a giocare con un po’ di leggerezza, prendendosi qualche rischio nella propria metà campo e diventando più imprecisa in fase offensiva: lo dimostra il pallone che rotola sul prato e sul quale si avventano Louis Lynagh e Ange Capuozzo, un po’ sfortunato nel rimbalzo il primo, catturato da Duhan van der Merwe il secondo.
In questa fase l’Italia riesce a ricucire con due calci di punizione e a riportarsi a distanza di break prima della pausa. Nella ripresa due i momenti chiave: la meta annullata alla Scozia in apertura di tempo e l’immediata risposta con la marcatura di Lynagh cambiano l’equilibrio mentale della partita; la sequenza tattica che inizia al 54′ con un calcio di liberazione di Kinghorn gestita con inedita perizia dall’Italia porta alla meta di Varney.
Rispetto al primo, il secondo tempo mantiene uno spartito omogeneo: l’Italia è in fiducia, gioca bene tatticamente e anche se commette qualche episodico errore con la palla riesce a mantenere la pressione sulla squadra avversaria; la Scozia fa male quando riesce a portare il pallone al largo, ma non riesce a dare continuità alla propria azione e non ha dalla sua parte quel punch fisico con gli avanti che ha contraddistinto la prima parte dell’incontro, generando di conseguenza possessi di minore qualità.
Il piano dell’Italia
Gregor Townsend e lo staff della Scozia sono stati outcoached dal gruppo tecnico guidato da Gonzalo Quesada, che li ha battuti sul piano della preparazione della partita.
Questo niente toglie ai 23 Azzurri scesi in campo, a cui va il merito di aver offerto una performance fantastica, ma il livello di dettaglio e la capacità di individuare con successo i punti dove andare a colpire la squadra avversaria sono stati un fattore determinante nella vittoria italiana.
Si è già detto della prima meta azzurra, disegnata a tavolino per attirare in una trappola la difesa scozzese, ma anche nella seconda c’è molto di quello che l’Italia aveva preparato specificamente per questo incontro.
Due sono state le chiavi strategiche nel gioco offensivo dell’Italia: utilizzare spesso il cambio di senso di gioco e altrettanto spesso il piede per andare a mettere il pallone dietro la prima linea di difesa, sfruttando le caratteristiche del sistema difensivo scozzese.
Generalizzando, la copertura della profondità nella maggior parte dei sistemi è affidata a due giocatori, in particolare quando si difende nella propria metà campo. Sulla prima linea di difesa ci sono 13 giocatori che si devono arrangiare contro i 15 avversari, con i due dietro che basculano da una parte all’altra del campo per coprirne l’intera larghezza e sono deputati a salire e diventare l’ultimo giocatore dell’allineamento difensivo se il pallone viene spostato agli estremi del campo.
La Scozia tende a giocare d’anticipo sui tempi di salita dalla profondità al muro difensivo di uno dei due giocatori deputati a coprire dietro. L’Italia ha quindi provato spesso a trarne profitto: nel primo tempo con il piede di Brex in un paio di occasioni, ad esempio, ma anche e soprattutto in occasione della meta di Louis Lynagh.
Primo Cap ✅
Prima Meta ✅WAY TO GO LOUIS 💙 @SixNationsRugby#insieme #rugbypassioneitaliana pic.twitter.com/l8Rtze9zhM
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Nella fase precedente a quella mostrata nella clip qui sopra, Finn Russell è stato costretto a salire sul muro come ultimo difensore dall’avanzamento di Tommaso Menoncello (e chi sennò?) sul lato destro del fronte offensivo italiano. Mentre la palla viaggia da destra a sinistra, tenete d’occhio come Russell torni a coprire la profondità su quel lato, mentre Blair Kinghorn si sposta per arrivare a coprire lo spazio sul lato opposto.
Con Garbisi e Lynagh che si spostano sul fronte sinistro di gioco e con il pallone che esce veloce dal punto d’incontro, Kinghorn è indotto a lasciare la copertura dello spazio e a salire sul muro per pareggiare su Vintcent e Ioane all’esterno. Contemporaneamente, però, Russell non ha ancora iniziato a scalare verso sinistra per coprire l’avanzata del compagno, lasciando un grosso spazio centrale. Lettura perfetta di Paolo Garbisi sulla scelta precipitosa dell’estremo avversario e bella raccolta a una mano dell’ala degli Harlequins, che può bagnare il suo debutto con un tuffo oltre la linea.
La difesa chiude i conti
La prestazione difensiva nel secondo tempo è infine l’ingrediente che ha consentito all’Italia di spuntarla. Una difesa messa sotto una pressione inferiore a quella dei primi 40 minuti grazie alla gestione più oculata del possesso: attaccando meno, la Scozia ha potuto fare meno male.
Basti pensare che se dopo 30 minuti gli ospiti avevano avuto il pallone per il 71% del tempo, alla fine dell’incontro quella percentuale si è ridotta al 59%, con solo il 51% del territorio. Certo, i 199 placcaggi completati sono una cifra notevole e nell’intervento difensivo l’Italia ha fatto bene, ma non è tutto lì.
La capacità di rallentare i palloni avversari nel finale di partita è stata eccellente. Mirco Spagnolo in circa 30 minuti è intervenuto in 15 punti d’incontro avversari con questo esclusivo scopo, e alla fine della partita è quello che si è dato più da fare nel compito specifico malgrado il minutaggio ridotto.
Questo ci porta a parlare dell’impatto della panchina. Giocatori di esperienza come Hepburn, Skinner, Matt Fagerson, Ritchie, Price sono stati inghiottiti dalla partita. La prima linea partita dal banco dei sostituti è stata messa brutalmente sotto da quella azzurra, ma in generale tutti coloro che sono entrati a partita in corso per l’Italia hanno dato un contributo importante.
Per chiudere, contro la Scozia l’Italia ha ancora una volta dimostrato un livello di fitness che per una volta non solo è all’altezza della competizione, ma è anche superiore a quello degli avversari. Ha finito bene in quasi tutte le gare di questo Sei Nazioni 2024, tranne forse in Irlanda.
Michele Lamaro tackling a fresh prop at 73mins into the match.
One of those ‘I’m Him’ moments#ITAvSCO pic.twitter.com/NILkjn6ntr
— Riaan Louw (@Ringo26) March 10, 2024
Ora la nuova sfida. La vittoria dà fiducia, entusiasmo e pure un pizzico di euforia, che non guasta. Vista la disparità delle prestazioni tra Italia e Galles, gli Azzurri non possono nascondersi di avere concrete possibilità di ottenere la seconda vittoria consecutiva, che comporterebbe anche il nuovo miglior risultato di sempre in una edizione del Sei Nazioni. Un traguardo enorme, una pressione che cresce, un’Italia che, una volta di più, è chiamata a dimostrare la propria crescita, soprattutto mentale.
Lorenzo Calamai
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