Protagonisti e stato dell’arte della nazionale nipponica che ospita gli Azzurri
Fiori di ciliegio coraggiosi, così coraggiosi da essere capaci di ergersi al di sopra del loro status di squadra storica del pianeta ovale per raggiungere acuti di altissimo livello nel corso dell’ultimo decennio.
È il piccolo riassunto della storia del Giappone, inteso come rappresentativa nazionale rugbistica. Soprannominati Brave Blossoms, i nipponici hanno disputato tutte le edizioni della Rugby World Cup, ma fino al 2015 avevano vinto una sola partita in sette mondiali.
Poi Eddie Jones, il Miracolo di Brighton con la vittoria sul Sudafrica alla RWC 2015, la coppa del mondo casalinga nel 2019 e la storica qualificazione ai quarti di finale malgrado un girone con Scozia e Irlanda, entrambe battute.
Dopo quell’acuto i risultati della squadra si sono normalizzati, una generazione di campioni ha fatto il suo tempo e la squadra, quattordicesima nel ranking mondiale, sta attraversando un periodo di ricostruzione, essendosi nuovamente affidata alle mani di Eddie Jones.
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Il nuovo Giappone di Eddie Jones
Il nuovo corso del tecnico australiano è partito con una vittoria e due sconfitte, l’ultima delle quali dolorosa contro la Georgia, ma i nipponici hanno chiaramente messo nel mirino la partita contro l’Italia per essere quella più significativa dei test match estivi.
Anche se la squadra non ha ancora preso una fisionomia ben definita, in termini soprattutto di volti più o meno nuovi, il Giappone ha già un’identità di gioco ben definita, che si riconnette con il precedente lavoro di Eddie Jones.
Come ha sintetizzato efficacemente Gonzalo Quesada vogliono giocare il rugby più veloce del mondo. Essendo una squadra con caratteristiche fisiche meno esuberanti della media, i Brave Blossoms puntano su un rugby dove l’intelligenza, la rapidità e la tecnica individuale possano supplire.
Ecco quindi un rugby divertente, con sempre tantissime opzioni diverse tra cui scegliere per il portatore di palla e tanti quesiti posti alla linea difensiva. Un rugby che punta su sostegni molto rapidi nel punto d’incontro, che vincano la gara per arrivare primi al breakdown, in modo da garantire possessi rapidi e di qualità dovendo ricorrere il meno possibile a un confronto di forza bruta.
Questo li costringe ad avere una condizione atletica di primissimo livello, anche in situazioni un po’ estreme come quella dell’estate giapponese: a Tokyo le temperature sono agilmente oltre i 35 gradi, mentre a Sapporo, dove si giocherà, dovrebbero limitarsi intorno ai 32.
Giappone, i giocatori chiave
Il XV giapponese è cambiato diverse volte in queste prime tre partite ed è cambiato ancora in vista della partita contro l’Italia, ma si possono comunque individuare alcuni giocatori chiave.
Il primo da elencare, ormai da anni, è il veterano Michael Leitch, vero e proprio monumento dei Brave Blossoms. Compirà 36 anni a ottobre, il giocatore nato in Nuova Zelanda ma trasferitosi in Giappone durante l’adolescenza, ma continua ad essere un punto di riferimento carismatico, ma anche tecnico.
Leitch è uno dei ball carrier chiave della squadra, uno dei giocatori a cui si affidano quando il possesso diventa lento. È un ottimo saltatore in rimessa laterale, una terza linea in grado di inquinare il punto d’incontro avversario e che ha grande tecnica individuale.
La touche, uno dei punti di forza della squadra, è guidata da Warner Dearns, uno dei giocatori più giovani della squadra. Il classe 2002 è figlio di una grande giocatrice di netball neozelandese, nato in Nuova Zelanda anch’egli ma eleggibile per residenza, dato che si è trasferito a soli 9 anni nel paese. È uno dei pochi giganti della squadra giapponese: 202 centimetri per 122 chili portati in giro con grande agilità in mezzo al campo.
Dearns è un giocatore molto completo e un elemento fondamentale per la squadra per il suo alto quoziente intellettivo rugbistico e per la capacità di portare avanti il pallone.
In mezzo al campo la squadra si affida spesso a Dylan Riley, centro 27enne capace di correre interessanti angoli di corsa. Giocatore esplosivo che tende a sfidare in maniera diretta i dirimpettai, è anche uno dei giocatori fondamentali in difesa per il Giappone, in particolare quando si tratta di portare su la linea negli spazi, seguendo il tempo di volo del pallone.
Giappone, altri protagonisti
Eddie Jones ha selezionato per tutte e quattro le partite di questa estate l’estremo Yoshitaka Yazaki, un ragazzo di appena 20 anni che non ha mai giocato in altro campionato che in quello universitario giapponese.
Il classe 2004 sta rispondendo bene agli stimoli del proprio head coach, incaricandosi con grande responsabilità del ruolo di secondo piede tattico dopo il mediano di apertura.
Al suo fianco c’è Jone Nakaibula, che era in campo a Treviso lo scorso agosto e che un ottimo finalizzatore. Un attaccante insidioso che può essere difficile da mettere a terra se mette in moto le gambe. Dall’altra parte Tomoki Osada è un centro adattato all’ala, uno dei giovani più interessanti prodotti dal campionato giapponese in tempi recenti.
In assenza dell’infortunato Kazuki Himeno, la maglia numero 8 finisce sulle spalle di Faulua Makisi, giocatore solido al placcaggio e con buone mani in fase offensiva, mentre il gigante Tevita Tatafu, numero 8 del Bordeaux, attende di far danni dalla panchina nella parte finale dell’incontro.
Una citazione la merita anche il trio di prime linee composto da Takayoshi Mohara, Mamoru Harada e Shuhei Takeuchi, tre giocatori con poca esperienza internazionale malgrado siano nella maturità agonistica che hanno dimostrato di poter essere clienti temibili in mischia chiusa. Come ha raccontato Danilo Fischetti nell’ultima puntata di OnRugby Podcast, giocatori non eccezionalmente potenti, ma molto tecnici, capaci di mettere in difficoltà gli avversari se riescono a vincere la corsa all’assumere la miglior posizione possibile all’ingaggio.
Lorenzo Calamai
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