Il movimento transalpino è nell’occhio del ciclone. All’Equipe una madre parla di come i club abbiano ignorato la depressione del figlio, giocatore di Top 14, mentre gli scandali estivi hanno ulteriormente acuito la situazione
Il rugby francese ha vissuto un estate da incubo. Non per i risultati, ma per tutto il resto. Tutto è cominciato l’assurda notte dopo il primo test estivo tra Argentina e Francia, quella delle accuse di violenza sessuale nei confronti di Oscar Jegou e Hugo Auradou, da poco rientrati in patria ma ancora indagati, e degli insulti razzisti di Melvyn Jaminet verso gli arabi, costato all’estremo 34 settimane di sospensione. A questo, si è aggiunta l’assurda tragedia avvenuta in Sudafrica nel mese di luglio: un giocatore dell’under 18 francese in ritiro con la squadra Città del Capo è stato trascinato via dalla corrente durante una seduta di allenamento in mare e non è stato più ritrovato.
Tutto questo, sia secondo la stampa francese (Midi Olympique ed Equipe in testa) sia internazionale (ne ha parlato Rugbypass) è solo la punta dell’iceberg di un movimento che, come affermato dal segretario generale della Federazione Francese Sylvain Deroeux, “sta bruciando dall’interno”.
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L’accusa principale da parte dei media, e anche di alcuni addetti ai lavori, riguarda una certa arretratezza culturale sia riguardo all’approccio al rugby – ancora troppo legato ai tempi del dilettantismo – sia riguardo a temi di grande profondità come la salute mentale e la depressione. Nel primo caso, dopo gli scandali Jaminet e Jegou-Auradou molti hanno fatto notare l’assurdità di permettere ai giocatori di festeggiare in discoteca dopo la prima partita con l’Argentina, considerando che dopo 4 giorni avrebbero dovuto affrontare l’Uruguay e dopo altri 3 giorni di nuovo i Pumas.
RugbyPass ha paragonato questo approccio a quello che ebbe l’Inghilterra alla Coppa del Mondo 2011, quando i giocatori si comportarono “più come una squadra studentesca in tour che come un gruppo di professionisti in Nuova Zelanda. Martin Johnson, il loro allenatore all’epoca, cercò di liquidare le accuse dicendo ai giornalisti: ‘Un giocatore di rugby beve birra: scioccante’. Quella risposta sfacciata ha dimostrato che Johnson era bloccato in una mentalità amatoriale. Le squadre studentesche in tournée possono andare al pub locale e ubriacarsi, i giocatori che rappresentano il loro paese nel torneo clou dello sport devono comportarsi con un po’ più di sobrietà, maturità e responsabilità” scrive Gavin Mortimer, mentre l’ex allenatore della Francia Philippe Saint-André ha detto chiaramente all’Equipe: “Non ci si può più comportare come prima”.
L’altro aspetto riguarda la mancanza di consapevolezza e di competenze sul tema della salute mentale. Una madre di un giocatore del Top 14, che ha chiesto di rimanere anonima, ha raccontato all’Equipe che suo figlio ha sofferto per tutta la carriera di disturbi mentali, i quali sono sempre stati ignorati: “Nessuno ha voluto vederli. I giocatori che mostrano segnali d’allarme non vengono esaminati, e molti allenatori non apprezzano l’intervento di uno psicologo”.
Alcune squadre, invece, come lo Stade Toulousain, hanno fatto importanti passi avanti includendo nei loro organici degli psicologi a tempo pieno. Come riporta RugbyPass però “in Francia,i giocatori soffrono ancora spesso in silenzio e da soli, ricorrendo alla droga e all’alcol”.
Giovedì scorso a Marcoussis si è tenuto un incontro generale per discutere della situazione, anche in vista delle elezioni di ottobre per la presidenza della Federazione francese, e tutti i partecipanti hanno riconosciuto la gravità della situazione.
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