L’ala azzurra a RugbyPass tra famiglia e rugby: “Che bello tornare nella casa di famiglia. Vorrei vedere l’Italia tra le top 5 al mondo”
“Quando ho iniziato a giocare per l’Italia ho visto su Instagram che la gente diceva: ‘Non è davvero italiano’. Cerco di ignorare queste persone. Ovvio che sentendomi parlare uno pensi che sia completamente inglese, e molti pensano che sia metà inglese e metà australiano, ma sono sorpreso di quanta gente non sappia che sono per metà italiano”. Lo ha raccontato Louis Lynagh, ala del Benetton e della Nazionale Italiana, in una lunga intervista a RugbyPass, dove ha affrontato diversi temi. Dalla famiglia alla Nazionale, tornando anche sulle scelte che lo hanno portato a vestire l’azzurro.
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Il ritorno a casa
Dopo aver accettato a marzo la chiamata della Nazionale, per Lynagh decidere di trasferirsi anche a Treviso e di giocare col Benetton è stato un vero e proprio ritorno a casa, tanto che è andato a vivere nella casa di famiglia, quella del nonno: “È davvero rilassante, come essere sempre in vacanza. Quando vado ad allenarmi sono concentrato al 100%, ma quando torno a casa di mio nonno è una bella disconnessione. Ci sediamo in giardino e ci rilassiamo, e posso aiutarlo con qualsiasi cosa di cui abbia bisogno. È molto attivo, va in bicicletta in città quasi tutti i giorni”.
Sempre a proposito di Italia, e di lingua, Lynagh ha raccontato di riuscire a capire tutto ciò che gli viene detto in Italiano, e conta di riuscire a parlarlo in maniera fluente entro 6 mesi. Nel frattempo, i suoi compagni di squadra lo chiamano già “Luigi”.
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Italia e Benetton: la scelta di Lynagh
Lynagh ha poi raccontato i mesi in cui ha preso la doppia decisione di firmare per il Benetton e di giocare per l’Italia: “Stavo vivendo un anno di alti e bassi dopo un infortunio, stavo cercando di tornare quello che ero prima. Quando ho firmato per il Benetton ho ricevuto la chiamata di Quesada. Abbiamo parlato della prospettiva di giocare dell’Italia: ne ho parlato con i miei genitori e nella mia testa mi sembrava una cosa ovvia da fare. Non c’erano grandi contatti con la Nazionale inglese, pensavo che a 23 anni fosse il momento di prendere una decisione. E poi Gonzalo è un allenatore e una persona incredibile con una vera passione per il rugby e per lo sviluppo dei giocatori. È stata la decisione migliore che potessi prendere, far parte di questo gruppo è speciale”.
Il peso del cognome
Lynagh ha raccontato di quanto il cognome di suo padre Michael, campione del mondo con l’Australia e star del rugby italiano col Benetton negli anni ’90, abbia pesato un po’ all’inizio, ma senza mai condizionarlo: “A scuola le persone avevano grandi aspettative. Se non avessi segnato 3 mete a partita sarei stato visto come un fallimento rugbistico. Papà mi guidava e dava alcuni consigli tattici, quando ero più giovane non lo ascoltavo, ma ora sì. Però non mi ha mai fatto sentire alcuna pressione, anzi, non mi ha nemmeno mai spinto a giocare a rugby” ha raccontato a RugbyPass.
“Papà pensava che dovessimo provare tutti gli sport, calcio, cricket, nuoto, golf, qualsiasi cosa. Semplicemente io e i miei fratelli (Tom Lynagh, mediano d’apertura dei Reds e dei Wallabies, e Niccolò, il più piccolo, ndr) abbiamo trovato la nostra strada nel rugby e abbiamo una grande passione per questo sport. Evidentemente abbiamo dei buoni geni!”.
La Nazionale e il futuro
Lynagh ha ormai consolidato il suo ruolo all’interno della Nazionale, dopo l’esordio al Sei Nazioni e il tour estivo, e sa che le Autumn Nations Series (Argentina, Georgia e All Blacks) saranno un passaggio fondamentale per il percorso di crescita dell’Italia: “Vogliamo arrivare al punto in cui le persone non ci dipingeranno più come una Cenerentola, entrare nella top 5 del ranking e fare in modo che la gente non dica più ‘Gli All Blacks li calpesteranno’ ma che sia una vera partita”.
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