L’ex capitano ha dichiarato di non voler diventare allenatore, ma per lui si prospetta un ruolo particolare al servizio di Andy Farrell
Johnny Sexton ha concluso la sua carriera professionistica durante la Coppa del Mondo 2023, giocando la sua ultima partita nei quarti di finale persi contro gli All Blacks.
Da quel momento per lui si sono aperte le porte del mondo degli affari come capo dello staff presso Ardagh Glass, azienda internazionale specializzata in imballaggi.
Nonostante le voci su un suo possibile impiego come coach, era stato proprio Sexton ad allontanare ogni speculazione, spiegando che “non sarebbe giusto” per lui allenare molti dei giocatori con cui ha giocato.
La sua decisione però potrebbe essere parzialmente cambiata già dalle Autumn Nations Series 2024, con un incarico di consulenza attribuito dalla federazione irlandese a partire dai test match di novembre.
Irlanda: Johnny Sexton a fianco dei giovani talenti
L’Irlanda ospiterà la Nuova Zelanda , l’Argentina, le Figi e l’Australia all’Aviva Stadium e Sexton potrebbe essere incaricato di assistere i mediani d’apertura della squadra, nonché il potenziale nuovo capitano, probabilmente Caelan Doris.
Un ruolo di mentore per condividere le doti di leadership con i giocatori più giovani, soprattutto per aiutare Jack Crowley, Kieran Frawley e Sam Prendergast nei calci piazzati e in altri aspetti nevralgici del gioco.
Un articolo dell’Irish Times afferma che non è stato ancora raggiunto alcun accordo, ma che la dirigenza dell’IRFU ha contattato Sexton affinché svolga questo attività part-time.
Johnny Sexton: “Se dovessi tornare a lavorare con i giocatori lo farei con qualche nuova idea, altrimenti per loro sarebbe semplicemente inutile.”
In una recente apparizione al podcast The Good, The Bad and The Rugby, Sexton ha ammesso che non scarta totalmente l’idea di tornare a giocare.
“Quello con cui stavo lottando dopo aver giocato il mio rugby, era chiedermi: ‘Cosa faccio dopo?’ Quindi avevo questa opportunità davanti a me. Avrei potuto restare nel gioco? Probabilmente. Ho avuto qualche conversazione, mai nulla di troppo concreto. Ho avuto approcci che dicevano: ‘Ti interesserebbe entrare a farne parte?’ Se mi avessero puntato una pistola alla testa, mi sarebbe piaciuto, ma ho tre figli, viviamo a Dublino, amano i loro nonni, amano le scuole che frequentano. Adoro anche stare a Dublino. Ho vissuto lì per tutta la vita, a parte i due anni in cui sono andato a Parigi, e voglio rimanere lì.”
Sull’eventualità di diventare un coach invece le idee sono ancora più chiare.
“Potrei allenare solo due squadre al mondo, ovvero Leinster o Irlanda, cosa che non sono in grado di fare subito. Devi andare e diversificare, imparare nuovi stili, imparare nuovi metodi, imparare una nuova cultura. Sarei molto rigido nei miei modi: gli allenatori che ho avuto mi hanno influenzato in quelle due squadre. È necessario innovarsi. Se dovessi tornare a lavorare con i giocatori lo farei con qualche nuova idea, altrimenti per loro sarebbe semplicemente inutile.”
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