Un volto inedito del tecnico azzurro che si racconta a OnRugby: tutti gli argentini che ritroverà dopo averli allenati, il canottaggio coi Jaguares, le partite da giocatore contro gli Azzurri e… la musica italiana
Julian Montoya, Matias Alemanno, Franco Molina, Guido Petti, Santiago Grondona, Gonzalo Bertranou, Matias Moroni, Matias Orlando, Bautista Delguy, Juan Cruz Mallia sono tra i convocati di coach Contepomi. E poi gli infortunati Nahuel Tetaz Chaparro, Tomas Lavanini, Marcos Kremer, Santiago Chocobares, Ignacio Mendy, Santiago Carreras, Emiliano Boffelli e lo squalificato Pablo Matera. Tutti questi giocatori, oggi nel giro della Nazionale, hanno qualcosa in comune: sono stati allenati da Gonzalo Quesada ai Jaguares, quando la franchigia argentina faceva tremare il Super Rugby conquistando la finalissima con i Crusaders.
Per il tecnico azzurro Italia-Argentina sarà ovviamente una partita speciale, ma come ha raccontato a OnRugby vuole viverla nella maniera più razionale possibile: “L’emozione c’è ed è normale. Sono argentino, ho indossato la maglia dei Pumas e canterò l’inno argentino perché è l’inno del mio Paese. In questo momento però l’Italia è la mia squadra, sono il suo allenatore, il mio impegno è con gli Azzurri e darò il 200% per preparare questa partita esattamente come tutte le altre. Devo mettere da parte la parte emotiva durante la preparazione della partita, il mio approccio deve essere soltanto strategico e non emotivo. Ovviamente sono già d’accordo sia con i ragazzi che con i membri dello staff argentino: dopo la partita ci vedremo a prescindere dal risultato, e con alcuni allenatori ci vedremo anche prima del match. In campo, però, sarò l’allenatore dell’Italia”.
L’Italia viene dal miglior Sei Nazioni della sua storia, l’Argentina dal suo miglior Rugby Championship della sua storia: è il miglior Italia-Argentina di sempre a livello qualitativo?
“Spero sia l’Italia-Argentina più bello di sempre, ma prima di scendere in campo è difficile rispondere perché le stagioni sono molto lunghe, di conseguenza a seconda del periodo dell’anno ci sono giocatori e squadre più o meno in forma. Entrambe le squadre hanno in questo momento punti di forza e punti deboli. L’Argentina ha giocato tanto insieme dai test match di luglio fino alla fine del Rugby Championship a settembre, e 3 mesi insieme sono un grande vantaggio. Noi abbiamo avuto invece pochissimo tempo a disposizione e non giochiamo dal 21 luglio contro il Giappone, inoltre alcuni dei nostri giocatori dopo i primi giorni sono dovuti ripartire nuovamente per andare in Francia. Dall’altra parte, però, l’aver giocato tante partite internazionali in questi mesi potrebbe averli resi più stanchi, mentre noi saremo più freschi e questo sarà un punto importante a nostro favore. Starà a noi essere capaci di sfruttarlo. Ho grande fiducia in questo gruppo, ce l’avevo quando sono arrivato alla fine dello scorso anno e adesso ne ho ancora di più”.
L’ultima partita dell’Italia risale al 21 luglio, come si ritrova l’amalgama dopo tanto tempo?
“Sicuramente non sarà tutto perfetto e ci saranno degli errori, anche perché abbiamo deciso di modificare alcuni dettagli del nostro gioco d’attacco per renderlo ancora più efficace e pericoloso. Dall’altra parte, i possibili errori di timing in attacco saranno compensati dalla nostra attitudine difensiva, dalla nostra voglia di combattere, dalla nostra bravura nelle fasi di conquista e dal nostro gioco al piede”.
A differenza degli argentini che sono sparsi in giro per l’Europa, però, l’Italia può contare su un blocco di ragazzi che gioca insieme tutte le settimane al Benetton e alle Zebre, può essere un vantaggio?
“Anche se giocano in squadre diverse gli argentini sono stati comunque sempre insieme negli ultimi 3 mesi, sono tornati al club solo poche settimane fa. Vero che molti ragazzi giocano insieme, ma comunque ci sono delle differenze tecniche – principi difensivi, gioco d’attacco, touche – tra le franchigie e il modo in cui gioca la Nazionale, ed è normale, ci sono automatismi diversi che si acquisiscono solo giocando insieme. Diciamo che se l’Argentina non avesse avuto questi 3 mesi insieme avrei risposto che avere il blocco del Benetton e delle Zebre insieme sarebbe stato un vantaggio, perché in quel caso i Pumas avrebbero dovuto unire in due settimane giocatori provenienti da club tutti diversi, ma come detto sono stati insieme tanto tempo”.
Il percorso di crescita dell’Argentina è passato anche dal grande lavoro che lei ha fatto ai Jaguares nel Super Rugby. Che ricordi ha di quell’esperienza?
“È stato uno dei periodi più belli della mia carriera. Venivo da un’esperienza stupenda in Francia, dove con lo Stade Francais avevamo vinto prima il campionato e poi la Challenge Cup, non pensavo che avrei vissuto qualcosa di ancora più forte, invece è successo con i Jaguares. Siamo arrivati a giocarci una grande finale del Super Rugby contro i Crusaders, e abbiamo vissuto davvero un’esperienza di squadra fortissima: abbiamo costruito un gruppo di altissimo livello in una competizione difficile e di grande qualità come il Super Rugby. Tanti giocatori di quel gruppo sono ancora in Nazionale, così come alcuni membri dello staff adesso lavorano nei Pumas, è stato un percorso meraviglioso che ha portato tutti ad ottenere grandi risultati”.
Quali rapporti si sono creati con i ragazzi dei Jaguares che saranno in campo a Udine contro l’Italia? C’è qualche giocatore a cui è rimasto particolarmente legato?
“Si sono creati rapporti di vera amicizia, non riuscirei a dire un nome in particolare, anche perché il 50% di quel gruppo è ancora in Nazionale. Facciamo che prendete la lista dei Jaguares di quell’anno, quella è la mia risposta (ride, ndr). Con loro si è creato un rapporto di affetto incredibile, per questo non riuscirei a fare un nome in particolare. È un gruppo che si è unito nelle difficoltà, perché comunque giocando tra Nuova Zelanda, Australia e Sudafrica facevamo tantissime trasferte e passavamo tanto tempo insieme lontani da casa. Ricordo che il primo anno siamo stati due giorni a fare canottaggio con 8 elementi per squadra, siamo andati in un club molto importante di Buenos Aires e tutto questo ha contribuito a cementare il gruppo. Questa condivisione, anche culturale, è stata importantissima”
Proprio perché ci saranno in campo tanti giocatori che ha conosciuto e allenato, questo influenzerà anche il modo in cui preparerà tatticamente la partita con l’Argentina?
“No perché sono dei grandissimi giocatori, quindi non ci sono punti deboli sui quali provare a metterli in difficoltà. Li conosco molto bene e sono cresciuti tantissimo in questi 5 anni. Quelli che nel 2019 con i Jaguares erano delle giovani promesse ora sono diventati dei campioni, e quelli che erano già dei leader nello spogliatoio adesso sono uomini fondamentali dell’Argentina”.
Che ricordi ha delle sue partite contro l’Italia da giocatore?
“Con l’Italia ho vinto e perso (ride, ndr). Ero a Piacenza nel 1998, quando l’Italia vinse 23-19 (3 piazzati di Quesada per i Pumas, ndr), poi nel 2001 giocai 2 volte in 4 giorni contro gli Azzurri. Giocai il test dell’Argentina “A” contro l’Italia XV, dove facemmo molto bene (62-12 per l’Argentina con 22 punti per Quesada, ndr) e poi vincemmo anche il test ufficiale a Buenos Aires 4 giorni dopo (38-17 con “full house” di Quesada, che segnò una meta, due trasformazioni, un piazzato e un drop, ndr)”.
Come ha vissuto questo primo anno in Italia? Le piace?
“Moltissimo. Quando siamo in macchina ogni tanto mia moglie si arrabbia perché ascolto solo radio italiane (ride, ndr), lo faccio perché voglio avere sempre la lingua italiana nelle orecchie per potermi abituare il più possibile e imparare parole nuove. E poi così sto scoprendo anche la musica italiana più ‘moderna’. In Argentina ovviamente conoscevamo già molti cantanti italiani come Ramazzotti, però ora sto scoprendo anche cose più nuove. Mi piace anche leggere cose in italiano, anche se i libri li leggo nelle lingue originali dell’autore: compro spesso libri sul management, sulla gestione della squadra, sulla psicologia dello sport, e di solito sono in inglese o in francese. Il prossimo step sarà cominciare a leggere anche libri di autori italiani”.
Francesco Palma
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