World Rugby, Bill Beaumont ai saluti: “Penso di lasciare uno sport con forti fondamenta al mio successore”

A Dublino si elegge oggi il nuovo presidente della federazione internazionale. L’ex numero 8 dell’Inghilterra lascia dopo due mandati

World Rugby Chairman Bill Beaumont

World Rugby, Bill Beaumont ai saluti: “Penso di lasciare uno sport con forti fondamenta al mio successore” – ph. Francois Mori-AFP

Bill Beaumont è alle sue ultime ore da presidente di World Rugby, la federazione internazionale che governa lo sport della palla ovale.

Il 72enne dirigente inglese, una carriera da numero 8 nel XV della Rosa, di cui è anche stato capitano, termina il 14 novembre il proprio secondo mandato alla guida dell’organismo. A Dublino si tengono le votazioni che eleggono il nuovo presidente, il nuovo vice-presidente e il consiglio esecutivo.

Tre i candidati a succedergli: l’italiano Andrea Rinaldo, l’australiano Brett Robinson, il francese Abdelatif Benazzi.

Intanto, Beaumont saluta dopo otto anni lunghi e intensi: “È stato un grande onore guidare World Rugby. Il mio credo nel rugby, nei suoi valori e nel suo potere positivo è più forte che mai. Quando ami uno sport come faccio io, è un privilegio indescrivibile poter giocare un ruolo nel portarlo avanti, e sono immensamente orgoglioso di quello che abbiamo ottenuto insieme come sport.”

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“Credo di passare la palla al mio successore dopo aver piantato forti fondamenta. Non possiamo dimenticare che lo sport ha attraversato il suo periodo più buio durante la pandemia, fornendo un piano di alleviamento dei problemi economici delle federazioni a corto di guadagni e guidato un piano di ritorno dello sport sui campi da rugby di base e professionistici con un approccio guidato da fatti scientifici.”

“Quando sono stato eletto per la prima volta nel 2016, le mie prime parole sono state per i miei colleghi, ringraziandoli della loro fiducia nel darmi il mandato per modernizzare le nostre strutture. Insieme lo abbiamo fatto. Solo negli ultimi quattro anni abbiamo posto le fondamenta per una riforma radicale del calendario maschile e femminile, accordato l’espansione delle Rugby World Cup maschile e femminile, allargato opportunità e rappresentanza nelle nostre strutture decisionali. E il tutto con uno sguardo mirato a espandere il nostro sport, il suo appeal, il suo impatto, la sua capacità di raggiungere le persone.”

“Il calendario internazionale – ha proseguito Beaumont – è una questione che molti osservatori dubitavano sarebbe mai stata risolta. E invece, un anno fa, attraverso un rinnovato spirito di collaborazione tra giocatori e leghe, abbiamo stabilito un robusto framework di lavoro.”

“È stato un traguardo speciale, specialmente perché ha aperto la strada al concetto della Nations Cup su due divisioni. Una competizione cruciale per alzare gli standard globali, espandere il gioco dal punto di vista dell’appeal commerciale e televisivo e attrarre appassionati in maniera trasversale.”

Proprio la Nations Cup è stata in realtà una delle questioni cruciali dei due mandati di Bill Beaumont. L’ormai ex presidente di World Rugby è stato accusato più volte nei suoi otto anni di gestire la federazione internazionale nell’interesse precipuo delle principali unions, e la futura competizione che segregherà i test match in due divisioni poco comunicanti è stato, per i critici, l’esempio massimo di questo atteggiamento volto a massimizzare la resa per le federazioni più importanti, lasciando per il momento da parte la crescita di quelle emergenti come la Georgia e le unions iberiche e sudamericane.

Negli otto anni di presidenza del dirigente inglese il rugby ha inseguito soprattutto un supposto maggiore coinvolgimento di giovani appassionati e una presunta necessità di rendere il gioco più spettacolare e le partite più veloci. Queste priorità hanno portato a continue modifiche al regolamento e l’assemblea di questi giorni a Dublino dovrà ratificare l’ultimo gruppo di novità, proposte nel corso dell’ultimo anno. Che le continue modifiche siano riuscite a raggiungere gli obiettivi è per il momento assai dubbio.

Infine, pur ricorrendo spesso nella retorica ai valori etici del gioco, sotto Bill Beaumont il rugby è stato il primo sport a escludere le donne trans dalle competizioni femminili, malgrado nessuna atleta trans abbia finora mai giocato nell’alto livello. In questo modo, World Rugby è venuta meno al proprio stesso motto, Rugby for All, e al valore di inclusività del quale si è sempre fregiata.

Alle elezioni del 14 novembre manca un vero e proprio candidato della continuità. Sarebbe dovuto essere l’attuale vice di Beaumont, lo scozzese John Jeffrey, ma l’ex flanker si è ritirato dalla corsa dopo che la Scottish Rugby ha annunciato di non sostenere la sua candidatura. Rispetto alle passate elezioni non c’è una frattura evidente fra i tre candidati sul tema della inclusione dei movimenti emergenti, come in occasione della sfida tra Beaumont e Agustin Pichot. La speranza è che possa emergere una presidenza e un board che, senza dimenticare che lo sport professionistico funziona solo generando e aumentando gli introiti commerciali, abbia effettivamente a cuore i valori di rispetto, inclusione e solidarietà che hanno animato il rugby nel corso dei suoi 200 anni di storia.

Lorenzo Calamai

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