Dalle storiche vittorie con l’Italia Under 20 al Perpignan: crescita, sfide e sogni raccontati a OnRugby dal giovane avanti nato a Peschiera del Garda
Quando si parla di Champions Cup e Challenge Cup si pensa ovviamente alle due franchigie italiane – Benetton e Zebre – e ai tanti italiani all’estero impegnati in Europa con le loro formazioni. A questi, però, si è aggiunto un nome nuovo: o meglio, “nuovo” per i grandi palcoscenici, perché nella penisola era già ben conosciuto. Si chiama Alessandro Ortombina, nato il 5 ottobre 2002 a Peschiera del Garda, ed è una seconda/terza linea (ora si chiamano “Utility Forward) del Perpignan, con il quale ha esordito in Challenge Cup nelle sfide contro Cheetahs e Connacht dopo un primo anno giocato nella formazione “Espoirs”. Nel pareggio contro i sudafricani è stato il miglior placcatore del match (12 interventi, di cui 3 dominanti) e contro gli irlandesi è stato di nuovo il miglior placcatore tra i suoi. In Italia ce lo ricordiamo bene anche per un altro motivo: era in campo in entrambe le storiche vittorie dell’Italia Under 20 contro l’Inghilterra nel 2022.
Leggi anche: Le pagelle e le reazioni della stampa estera agli italiani impegnati in Champions Cup e Challenge Cup
Alessandro, c’è un prima e un dopo questo esordio con Perpignan?
“Sì, in queste settimane sono cambiate parecchie cose. Da due anni mi alleno con costanza con la prima squadra ma non avevo ancora mai avuto la possibilità di giocare una partita vera con loro, solo un’amichevole questa estate. Penso di aver fatto due buone prestazioni: contro i Cheetahs ero un po’ emozionato, contro Connacht mi sono sentito meglio e credo di aver fatto una prestazione migliore. Purtroppo non sono arrivati i risultati, perché contro i Cheetahs potevamo vincere e siamo stati in vantaggio fino al 70′, finendo per pareggiarla in extremis. Contro Connacht poi è sempre difficile, sono organizzatissimi e abbiamo pagato la nostra indisciplina”.
Come sei arrivato in Francia?
“Fin da bambino sognavo di giocare in Top14, è il mio campionato preferito: gli stadi pieni, l’ambiente, il modo in cui si vive il rugby, è tutto bellissimo. Perpignan poi è una piazza molto calda che vive di rugby e si fa sentire molto intorno alla squadra, quando ho avuto la possibilità di trasferirmi l’ho colta al volo. Giocavo al Valorugby e Perpignan in quel momento cercava un profilo molto simile al mio: giovane in modo da poter diventare JIFF (giocatore di formazione francese, status che si ottiene giocando 3 anni in Francia entro i 23 anni) e un avanti duttile, quindi il fatto di poter giocare sia in seconda sia in terza linea mi ha molto aiutato. Ho anche iniziato a studiare. Lo scorso anno ho studiato francese per prendere una certificazione. Quest’anno invece sto seguendo un corso per diventare personal trainer e preparatore atletico: seguo i corsi e faccio gli esami”.
Uno dei tuoi compagni di squadra è Tommaso Allan, uno dei simboli degli ultimi 10 anni di rugby italiano. Quanto è importante per te averlo come compagno di squadra? Che rapporto avete?
“Per me Allan è un esempio. Ha avuto una carriera incredibile, ha giocato tantissimo in Nazionale, è stato a Treviso, in Inghilterra, e ha tanta esperienza e tanto da insegnarmi. Anche se abbiamo ruoli diversi mi aiuta davvero tanto sul campo, mi dà tanti consigli di attitudine, di modalità, soprattutto sull’attacco, sul posizionamento e sulle linee di corsa. È una guida per me. Poi essendo due italiani all’estero nella stessa squadra passiamo parecchio tempo insieme e con lui ho davvero un ottimo rapporto”.
Dopo questo esordio in Challenge hai parlato con la società? C’è la possibilità di esordire in Top 14?
“Il mio obiettivo è quello, e sto lavorando duro per arrivarci. I tecnici sono stati molto contenti delle mie prestazioni, mi hanno detto di continuare a lavorare così perché è la strada giusta e se continuo così arriverà anche il mio momento in campionato”.
Con Gonzalo Quesada vi siete sentiti?
“Per ora no. Ovviamente giocare nella Nazionale Maggiore è il mio sogno e il mio obiettivo, come quello di tutti i ragazzi italiani, ma so che per arrivarci devo continuare con il mio percorso e ritagliarmi sempre più spazio con il club, migliorando i miei punti deboli affinché un giorno questo sogno possa diventare realtà. In questi ultimi anni l’Italia è cresciuta tantissimo ed è sempre più forte e competitiva, e avendo tanti amici che sono arrivati lì sono ancora più felice di tutto questo”.
I numeri delle tue partite sono stati impressionanti: sei stato il miglior placcatore in assoluto nel match contro i Cheetahs e il migliore dei tuoi contro Connacht. Quanto senti di poter dare in difesa e quali sono invece gli aspetti dove devi ancora migliorare?
“Penso che il placcaggio e il punto d’incontro siano i fondamentali nei quali riesco a rendere meglio. Per fare il salto di qualità però devo essere molto più presente in attacco, perché non tocco ancora molti palloni: è una cosa che devo fare per potermi evolvere.
A quali tecnici sei rimasto più legato nel tempo?
“Difficile fare nomi perché ho avuto ottimi rapporti con tutti gli allenatori che ho avuto, dalle accademie ai club. Sicuramente Agustin Cavalieri (allenatore della mischia dell’Under 20 fino al 2022, ndr) è stato importantissimo per me, e poi Massimo Brunello e Mattia Dolcetto mi hanno lanciato tantissimo, li seguo tanto anche alle Zebre e ho visto che stanno facendo un grandissimo lavoro”.
La domanda è un po’ banale perché chiunque abbia giocato in Under 20 nel 2022 risponderà allo stesso modo, ma la facciamo lo stesso: qual è stato il momento più emozionante della tua carriera?
“Sulla partita non c’è dubbio, sono indeciso su quale dei due Italia-Inghilterra Under 20 (ride, ndr). La prima volta è stata bellissima, un momento storico perché nessuna nazionale italiana aveva mai battuta gli inglesi, la seconda però era anche l’ultima partita del nostro gruppo: quel giorno si chiuse un capitolo di un’Under 20 in cui avevamo giocato insieme per anni, anche in Under 18 e all’Accademia di Remedello, quindi chiudere in quel modo quel pezzo di strada che avevamo percorso insieme è stato incredibile. Poi nella prima partita, al Sei Nazioni, c’era stata anche un po’ di normale ‘incoscienza’: mi ricordo che l’obiettivo era di riscattare una brutta partita che avevamo giocato in Francia all’esordio, e abbiamo giocato con grande voglia. Nella seconda però ci giocavamo il terzo posto nelle Summer Series e sentivamo la pressione di dover dimostrare che quella prima vittoria non era stato un colpo di fortuna ma che eravamo davvero più forti. Quindi direi che il ricordo più bello è legato alla seconda”.
Con quali ragazzi di quel gruppo sei rimasto maggiormente in contatto?
“Sento spesso Lorenzo Pani, Giacomo Ferrari, Luca Rizzoli, i ragazzi con cui ho fatto l’accademia, penso di aver mantenuto un ottimo rapporto con tutto il gruppo. Parliamo, ci raccontiamo come vanno le settimane e come prepariamo le partite ma anche di cose extra-rugby. È stato bellissimo vedere quello che ha fatto Lorenzo in Nazionale, e allo stesso modo dispiace doverlo vedere così tanto tempo fermo, ma sono sicuro che a breve tornerà”.
Francesco Palma
Cari Lettori,
OnRugby, da oltre 10 anni, Vi offre gratuitamente un’informazione puntuale e quotidiana sul mondo della palla ovale. Il nostro lavoro ha un costo che viene ripagato dalla pubblicità, in particolare quella personalizzata.
Quando Vi viene proposta l’informativa sul rilascio di cookie o tecnologie simili, Vi chiediamo di sostenerci dando il Vostro consenso.