Il pagellone del 2024: top e flop di un anno di rugby (parte 2)

Chi ha convinto e chi ha deluso nell’anno che si avvia alla conclusione

Il pagellone del 2024: top e flop di un anno di rugby (parte 2)

Il 2024 è stato un anno particolare, in cui molte squadre nazionali hanno affrontato una fase di ricambio generazionale che si colloca all’inizio del periodo di passaggio tra la Rugby World Cup 2023 e quella del 2027.

Come già scritto nella prima parte del pagellone, i giudizi esplorano in senso generale gli accadimenti del panorama ovale 2024. Il primo focus è sulla generazione dei coach italiani, sempre più intraprendenti e maturi.

Il grande protagonista però non poteva che essere Antoine Dupont, un giocatore che ancora una volta si è rivelato cruciale in ogni competizione che ha affrontato.

Leggi anche: Il pagellone del 2024: top e flop di un anno di rugby (parte 1)

La nouvelle vague degli allenatori italiani – voto 7.5

Una nuova onda di allenatori italiani si sta occupando di svecchiare il rugby di casa nostra, in particolare quello dei club e nello specifico in Serie A Elite. Nel 2024 hanno concluso il loro ciclo a Padova e a Rovigo Andrea Marcato (41 anni) e Alessandro Lodi (45), da poco entrati nello staff della nazionale U20 al fianco di Roberto Santamaria (38).
Gilberto Pavan (38 anni) ha riportato il Viadana in finale del massimo campionato dopo 14 anni e attualmente in prima posizione in Serie A Elite maschile. Marcello Violi (31 anni) ha preso un Valorugby preda di un‘aurea mediocritas e lo ha trasformato in una squadra pericolosa ai piani alti del massimo campionato. Daniele Forcucci (39 anni) sembra aver ridato un po’ di vitalità alle Fiamme Oro, mentre per Gonzalo Garcia (40) del Colorno parlano soprattutto le stagioni in cui ha guidato i Lyons alla salvezza.

Antoine Dupont – voto 10

C’è chi forse è anche arrivato al punto in cui è stanco di leggere dell’ennesima trama intessuta di lodi per il giocatore che nel 2024 ha vinto campionato, Champions Cup e Olimpiadi prima di procedere a battere Giappone, All Blacks e Argentina a novembre. Ma come si fa a passare oltre rispetto al grado di importanza che la sua partecipazione a ciascuno di questi successi ha avuto? Anche in un torneo come quello olimpico di rugby a sette dove non stava troppo brillando ha poi inserito una prestazione decisiva come quella della finale per guadagnare un’oro clamoroso.
Nel 2024 si è passati dal discorso Antoine Dupont miglior giocatore del mondoAntoine Dupont miglior giocatore di sempreNon è una affermazione, ma anche solo il fatto che un dibattito intorno al tema sia legittimo è qualcosa di rilevante. E ci rende tutti più appassionati di conoscere come andrà a finire la storia.

Eddie Jones – voto 4

Dal novembre 2019, da quella fatidica finale di RWC persa contro il Sudadrica, la carriera di Eddie Jones ha iniziato una netta parabola discendente. Prima l’esonero dall’Inghilterra sul finire del 2022, poi il mondiale disastroso da head coach dei Wallabies, infine il 2024 pieno di sconfitte alla guida del Giappone. I Brave Blossoms hanno ritrovato l’uomo che aveva costruito la loro favola, ma al momento il tocco magico del guru australiano non si è visto. Undici partite, sette sconfitte pesanti e quattro vittorie contro Uruguay, Canada, USA e Samoa. Non esattamente il livello di competitività che tutti si aspettavano, compreso lo stesso Eddie Jones, che sembra aver finito anche le parole giuste da sparare in conferenza stampa.

Scozia – voto 6.5

Una bella ed eterna incompiuta, anche quest’anno. Partita anche questa volta per provare a vincere il Sei Nazioni, la Scozia ha perso l’occasione in due momenti chiave. Il primo contro la Francia, quando l’arbitro Nic Berry prima concede e poi annulla la meta di Sam Skinner e i Bleus portano a casa la partita pur senza grandi meriti. La squadra di Townsend però l’opportunità di riaprire i giochi e trasformare il match finale con l’Irlanda (giocato alla pari, peraltro) in uno spareggio l’ha avuta, e l’ha sprecata a Roma, caduta sotto i colpi dell’Italia forse più bella dell’anno. Dovevano fare 5 punti, ne hanno fatti 2 e di fatto hanno graziato l’Irlanda, clamorosamente sconfitta a Twickenham  dall’Inghilterra. Il tour estivo, giocato interamente contro squadre poco competitive e con formazioni ampiamente rimaneggiate, è difficile da giudicare, mentre a novembre la squadra di Townsend ha fatto il suo: una buona partita contro il Sudafrica, venuto fuori alla distanza nel secondo tempo come prevedibile, compitino con il Portogallo e una vittoria non esaltante contro l’Australia. Tutto bello, soprattutto l’ennesima Calcutta Cup portata a casa contro l’Inghilterra, ma è mancato ancora una volta il guizzo, e da questa squadra ormai ci si aspetta sempre di più.

Springboks – voto 9

Hanno vinto il mondiale del 2023, ma chissà come nel 2024 c’era ancora chi diceva che la nazionale maschile sudafricana non era la più forte. Alla fine di questo stesso anno siamo tutti convinti: gli Springboks meritano la posizione numero uno del mondo. Non solo, tornando in campo sette mesi dopo il mondiale, hanno conquistato questa estate un Rugby Championship importante per portare un altro trofeo in cascina, ma hanno anche chiuso con un novembre senza sconfitte facendo al contempo ruotare la squadra come nessun’altra squadra. Oggi il Sudafrica è il movimento guida del rugby maschile, grazie a quanto messo in atto nel 2024.

Leinster – voto 5.5

No, non siamo diventati pazzi. Sappiamo bene che il Leinster è costantemente uno dei top team mondiali, veleggia in testa alla classifica di URC e non ha ancora perso una partita dall’inizio della stagione 2024/25 tra campionato e coppa. L’insufficienza lieve è solo per come si è conclusa la scorsa annata: la semifinale di URC andata male contro i Bulls e la finale sfuggita al fotofinish in Champions Cup contro il Tolosa rimangono risultati di tutto rispetto, ma a conti fatti testimoniano le difficoltà di vincere i grandi appuntamenti da parte del collettivo allenato da Leo Cullen. Non proprio un particolare di poco conto per una squadra che si impone degli standard altissimi e che annovera 8 titoli ‘celtici’ e 4 Champions in bacheca.

Franco Smith – voto 8.5

Un capolavoro. Ha preso Glasgow in un momento non facile e lo ha portato a rompere il duopolio Irlanda-Sudafrica dell’URC con un campionato strepitoso. Lui stesso è arrivato in Scozia in un momento non facile, dopo l’esperienza complicata con l’Italia. La coppia si è rivelata vincente: i suoi Warriors giocano a memoria, lottano come leoni e sono tutt’altro che un fuoco di paglia, visto che anche in questa stagione stanno dimostrando di poter stare ai piani alti del torneo. Smith non ha rinunciato al suo credo – lavoro, lavoro, lavoro – né alla sua idea di gioco, tantomeno alle sue particolarità come il doppio mediano di mischia (soprattutto Jamie Dobie, utilizzato ala) o i piloni titolari dentro al 30′, creando un connubio perfetto con una squadra che aveva bisogno proprio di questo, di un uomo che la spingesse oltre i suoi limiti. Unico neo, forse, poteva andare un po’ più avanti in Champions Cup, dove Glasgow è uscito agli ottavi di finale contro gli Harlequins. Altrimenti il voto sarebbe stato ancora più alto.

Stuart Lancaster – voto 4

Senza dubbio uno degli allenatori più influenti dell’emisfero nord. La sua avventura al Racing 92 fin qui è stata avara di soddisfazioni. Non è bastata una campagna acquisti arricchita dalla presenza di Owen Farrell per riportare il club parigino nelle parti nobili della classifica del Top 14. A maggio l’approdo ai play-off del Top 14 si è concluso con una sconfitta netta ad opera del Bordeaux, ma soprattutto pesa la prima parte di questa stagione, in cui la squadra ha dimostrato scarsa reattività, perdendo molte partite in campionato e in coppa. Il Racing 92 sotto la sua gestione ha schierato giocatori di classe mondiale, compreso Siya Kolisi (poi ‘tagliato’ malamente dal Presidente Jacky Lorenzetti), ma non è bastato per conquistare la fiducia dell’ambiente. Le voci insistenti su un suo possibile esonero lo collocano tra i flop di questo 2024 che si avvia alla conclusione.

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