Lunga intervista al tecnico Azzurro, tra retroscena del primo raduno con l’Italia, il suo sistema di lavoro e… yoga
Il nuovo anno è iniziato solo da pochi giorni ma per l’Italia di Gonzalo Quesada l’appuntamento più importante del 2025 è già alle porte: manca meno di un mese all’inizio del Sei Nazioni, con gli Azzurri che incominceranno la campagna da sabato 1° febbraio.
In una lunga intervista rilasciata al trimestrale Scienza & Salute, a firma di Luca Bignami, l’head coach della Nazionale italiana di rugby ha approfondito alcuni aspetti della sua filosofia come allenatore, di cui riprendiamo alcuni passaggi.
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Dopo essere partito dalla propria carriera e dagli studi, col bagaglio di esperienze accumulate e il confronto tra la figura di giocatore, assistente tecnico e capo allenatore, Gonzalo Quesada ha raccontato alcuni retroscena del primo raduno compiuto con l’Italia e alcune novità che ha voluto portare proprio nei raduni, per migliorare allenamento e fase di recupero.
“Il primo raduno è stato… senza scarpe di allenamento né altro – ha dichiarato Gonzalo Quesada – Sono stati due giorni in cui ci siamo visti per conoscerci, in particolare io per conoscere loro. Ero io il ‘nuovo’. Era importante per me presentarmi, far capire la mia visione, ma anche sapere cosa voleva la squadra, cosa voleva chiedermi”.
“Abbiamo passato il tempo a farci domande a vicenda, insomma. ‘Io vengo ad allenare l’Italia, ma cosa significa essere l’Italia’: ecco, ho chiesto questo, sono partito da qui. Per avere una visione comune. Perché questa visione fa la differenza. E per avere una visione comune occorre definire scopo, identità e cultura. Scopo, cioè dove vogliamo andare. Identità, o meglio chi vogliamo essere! Cultura, quali saranno i comportamenti per raggiungere questi obiettivi, quali saranno le nostre regole, quale il nostro modo di lavorare”.
“Il rugby è sicuramente uno sport dove l’analisi video è molto utilizzata e sviluppata. Tra l’altro, come si intuisce, la nostra disciplina fisicamente è dura, impattante e dopo un incontro non sempre puoi allenarti. Devi recuperare, devi riprenderti e l’analisi video è un modo per perfezionare certi aspetti. Ti fa guadagnare tempo. Tempo e allenamento. Insomma, fa parte anche lei dell’allenamento. C’è lo studio su noi stessi, sui nostri aspetti positivi e su quelli dove dobbiamo migliorare. Poi quello sugli avversari. E ogni assistente sviluppa il proprio lavoro per il settore che segue e lo propone individualmente ai giocatori o al gruppo”.
“Quanto è importante il recupero? Per noi è fondamentale. Punto. Per quanto riguarda le modalità, sicuramente massaggi, vasche per il ghiaccio, piscina sono all’ordine del giorno. Da usare dopo partite e allenamenti, in particolare quelli ad alta intensità. La cosa che ho portato sono le lezioni di yoga nel giorno libero. Abbiamo una professionista che lavora con noi, all’inizio per i giocatori è stato un po’ uno shock. Chiaro, era opzionale e lo è ancora, ma in tanti si presentano in palestra”.
Al di là del tempo dedicato all’allenamento e al recupero, oltre le novità introdotte o di qualunque slogan utilizzato, però, un coach non potrà mai conquistare i propri giocatori senza una caratteristica fondamentale, come spiegato dal tecnico argentino.
“Nessun giocatore avrà un rispetto totale o un’adesione totale a un allenatore se non vede in lui qualcuno che può farlo migliorare. Questo è insindacabile. Puoi ispirare, puoi usare le parole giuste, motivare… ma se il giocatore non percepisce che lo puoi far crescere, anche come persona, ma in particolare come rugbista nel nostro caso, l’allenatore non va lontano”.
A questo c’è un però, rivelato da Gonzalo Quesada al termine dell’intervista: “Attenzione però a fare troppo i perfezionisti: se si guarda sempre quello che manca, si finisce per non far arrivare i giusti messaggi alla squadra. Se si continua a dire ‘Mi manca questo, mi manca quest’altro…’ si fanno passare solo insicurezze”.
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