Gonzalo Quesada: “Sapevo cosa servisse all’Italia per scuotersi. Vogliamo essere duri da battere”

Situazione infortuni, duttilità dei trequarti e la visione del futuro degli Azzurri

Gonzalo Quesada

Gonzalo Quesada: “Sapevo cosa servisse all’Italia per scuotersi. Vogliamo essere duri da battere” (Ph. S. Pessina)

ROMA – Alla presentazione del Sei Nazioni 2025, Gonzalo Quesada è stato un fiume in piena. Il ct dell’Italia ha risposto a tutte le domande dei media nazionali rispetto all’avvicinamento al torneo che scatterà fra meno di due settimane.

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Gonzalo Quesada: “Sapevo cosa servisse all’Italia per scuotersi”

“Sto vedendo – dice il tecnico degli Azzurri – giocatori  con tanta intensità e miglioramenti: anche chi magari nel Benetton o nelle Zebre ha trovato meno minutaggio mi sembra a un ottimo livello. Volete che vi faccia dei nomi? Ve li dico: Andrea Zambonin e Mirco Spagnolo, il problema è che loro non saranno a disposizione. Peccato, perché hanno avuto un’evoluzione pazzesca, soprattutto Zambonin. Fa parte del gioco: in generale, speriamo che facciano parte con costanza della nazionale in futuro”.

Il tema della duttilità dei trequarti: “Leonardo Marin è certamente un giocatore che può ricoprire più posizioni, ma non dimentichiamoci che anche Paolo Garbisi e Tommaso Allan hanno queste doti. Al momento la certezza – scherza Quesada – è solo una: quella della coppia di centri, perché tutti sanno che partiremo con una coppia conosciuta…(ovviamente Brex-Menoncello, ndr)”.

Poi continua sul tema tirando in ballo anche Pani: “La linea arretrata ha perso Lynagh, però ha tante possibilità e combinazioni considerando le doti di Trulla e Gallagher. Mi dispiace informare tutti di una cosa: Lorenzo Pani in uno degli allenamenti dell’ultimo periodo ha avuto un problema al polso. L’infortunio sembra serio: non penso proprio che potrà essere disponibile, neanche per l’eventuale seconda parte del torneo”.

Il termometro sul gruppo: “Abbiamo radunato tutti i giocatori, da quelli che giocano per Benetton e Zebre a quelli che lo fanno all’estero. Al momento, voglio essere onesto, abbiamo un gruppo stanco che ha bisogno di recuperare, ma lo faremo. La cosa che dobbiamo capire e lo stiamo facendo, anche perché lo stiamo sentendo intorno a noi, è che le aspettative sono cambiate: ora non siamo più la squadra da cui nessuno si attende risultati. Lo ha detto anche Gatland paragonandoci al suo Galles: gli equilibri sono cambiati: non vogliamo nasconderci. Vogliamo essere all’altezza della situazione, far vedere il nostro rugby: cultura e identità, lavoro in allenamento da riportare sul campo. Più saremo preparati più saremo all’altezza della situazione. Dobbiamo e vogliamo essere competitivi”.

Il suo ruolo: “L’allenatore gode nel vedere applicate le cose che si provano in settimana e poi quando arrivano i risultati, ma non più di 10 minuti. All’11esimo minuto, io sono già proiettato sulla sfida successiva. E’ fantastico avere questo ruolo, con questo staff e questi giocatori. Non mi voglio far condizionare da tutto il contorno: io devo aver ben chiaro quello per cui siamo qui e lo devo trasmettere alla squadra. L’Italia dev’essere una squadra dura da battere per gli avversari”.

Sul gruppo: “Nel 2023 ho osservato tutte le partite della Rugby World Cup: mi ero già fatto un’idea chiara su quello che servisse all’Italia per evolversi. Sono arrivato in Italia un paio di mesi prima rispetto all’inizio del mio contratto, ho accelerato il processo di integrazione: volevo parlare italiano nella maniera migliore possibile e raccontare dal punto di vista tecnico ed emozionale cosa fare. La connessione e l’empatia diventano fondamentali.
Ora dobbiamo lavorare di più sulle cose di campo: i margini ampi si sono ridotti, ma possiamo focalizzarci sui dettagli. Il mio lavoro può concentrarsi su tanti aspetti, in generale mi trova d’accordo la visione federale di voler lavorare affinché i club crescano all’interno del movimento per far si che più giocatori possibili si formino e arrivino alla nazionale. Vi dico una cosa: pensate al Galles. Sono in crisi, ma i numeri e la storia sono dalla loro parte: stanno attraversando un periodo, prima o poi torneranno ad altissimi livelli, anche perché hanno grandi strutture che li aiutano. Per questo stiamo chiamando tanti giocatori anche giovani, come Bertaccini e Belloni: li abbiamo visti nell’Under 23, con German Fernandez e Daniele Pacini. Il talento c’è”.

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