Italia, Quesada e gli italiani all’estero: “Frustrante perderli durante la preparazione. E quando allenavo Parisse…”

Il tecnico azzurro alla presentazione del Sei Nazioni: “Sono stato anch’io dall’altra parte, ho allenato i club per 17 anni e volevo sempre schierare la formazione migliore”. E poi racconta un aneddoto su Sergio

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Italia, Quesada e gli italiani all’estero: “Frustrante perderli durante la preparazione. E quando allenavo Parisse…” – Ph. INFO

ROMA – Dalla zona mista di Palazzo Brancaccio a Roma, dove si è tenuta la presentazione ufficiale del Sei Nazioni 2025, Gonzalo Quesada ha parlato in maniera molto chiara. Non ci si può più nascondere: i risultati dello scorso anno hanno fatto aprire gli occhi a tanti sull’Italia, che adesso dovrà rispondere a queste aspettative: “Ora le aspettative sono tante, ma la nostra sfida deve essere continuare ad essere legati alla realtà. Sappiamo di essere ancora un po’ indietro rispetto agli altri dal punto di vista della preparazione e della profondità. Questo però non cambia la volontà di performare al 120% in campo” ha spiegato il tecnico.

Quesada ha poi proseguito: “C’è uno sguardo nuovo su di noi, è vero: può essere un freno, una situazione stressante, ma per me deve essere un’ulteriore motivazione. Sappiamo che ora tutti ci guardano, si faranno delle domande sull’Italia, troveranno l’Olimpico pieno e la televisione che trasmette le partite anche in chiaro: sono cose di cui dobbiamo essere fieri e dobbiamo essere pronti ad assumerci questa bellissima responsabilità per rispondere al meglio a queste aspettative. La cosa importante è non dimenticare mai che abbiamo un potenziale superiore a quello che abbiamo dimostrato finora, possiamo giocare molto meglio di come abbiamo fatto, soprattutto durante le Autumn Nations Series. In questo Sei Nazioni 2025 l’obiettivo principale deve essere padroneggiare ancora meglio il nostro gioco: e non parlo solo di possesso, ma anche di gestione della partita, del piede, della difesa, del modo in cui decidiamo quando accelerare e quando rallentare”.

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Il “problema” degli italiani all’estero

Durante il “salottino” iniziale con tutti i capitani ne aveva già parlato Michele Lamaro, asserendo come l’Italia sia la squadra del Sei Nazioni con più giocatori che militano all’estero e quindi maggiormente in difficoltà nel preparare il Torneo. Anche Quesada è tornato dall’argomento: “È frustrante vedere che gli altri allenatori che prendono 36 giocatori e vanno in Spagna o in Portogallo a prepararsi, mentre molti azzurri dovranno subito ripartire per andare a giocare con il club e per poi tornare a pochi giorni dalla prima partita. Questa cosa mi fa diventare pazzo. Vorrei avere anch’io come gli altri allenatori 10 giorni per arrivare alla Scozia col gruppo completo. Sapevamo che questa sarebbe stata una difficoltà, lo è stata anche l’anno scorso. Dobbiamo andare all’essenziale e dopo dare tantissima fiducia ai giocatori sul fatto che riusciranno a portare in campo quello che abbiamo preparato anche se non abbiamo fatto 40 ore di riunioni e 40 di allenamenti. Ho chiesto di far venire l’Under 20 questo weekend in raduno, per tre motivi: sia perché in questo modo possiamo allenarci a ranghi completi pur avendo tanti assenti, sia per vedere da vicino questa nuova generazione di giovani, sia per dare modo a loro di allenarsi in vista del Sei Nazioni under 20”.

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Quesada, però, ci tiene a non farla diventare una polemica: “C’è una regola che prevede che dal mercoledì i club abbiano il diritto di richiamare dal raduno i giocatori di cui hanno bisogno per giocare nel weekend. Lo capisco, i club pagano i giocatori e fino a 2 anni fa anche io sono stato allenatore di club e mi dava fastidio lasciare i giocatori alla Nazionale (ride, ndr). Ora invece faccio il contrario, passo tantissimo tempo a ‘negoziare’ con gli altri allenatori, tipo: ‘Ma sei sicuro che ti serva? Magari rimane qua ad allenarsi ed evita un viaggio in più, e tu dai un’opportunità a qualcun altro’ (ride, ndr) però ripeto, capisco tutto perché ho allenato i club per 17 anni, e giustamente volevo schierare la formazione migliore”.

In questo senso, Quesada racconta anche di Sergio Parisse, che ha allenato allo Stade Francais: “Lui mi diceva in maniera molto sincera ‘Gonza, se vuoi farmi tornare in Francia ne hai il diritto, ma non ti dico bugie, la mia testa è già sulla Nazionale’. Gli altri giocatori si inc…..o perché lo facevo partire per giocare in Nazionale, ma lo capisco, sono stato anch’io un internazionale argentino che giocava in Francia. A volte magari allenatori che da giocatori non hanno giocato per la propria Nazionale non sanno cosa passa per la testa di un ragazzo che la settimana dopo deve vestire la maglia del suo Paese. È chiaro, giocano per il loro club e hanno questa responsabilità, ma quando la tua Nazionale arriva la tua testa pensa a quello, lo vedo anche nei ragazzi che devono partire: hanno il cuore spezzato perché vorrebbero restare qui con noi”.

Sulla vittoria del Benetton contro La Rochelle e le franchigie

“Il Benetton ha avuto una stagione di alti e bassi, ma in Champions ha giocato benissimo in queste ultime due partite. Contro Bristol avrebbe meritato di vincere e con La Rochelle ha vinto meritatamente. Sono risultati che sicuramente danno morale, anche perché comunque sono ragazzi che non hanno tantissime vittorie alle spalle a livello di Nazionale, quindi il fatto che comincino a vincere partite così importanti nel club rappresenta una grande crescita a livello di esperienza. Sono molto contento del modo in cui lavorano le franchigie, sia le Zebre sia il Benetton”.

Sulla questione Zebre, il tecnico ha risposto così: “Se diventano una franchigia di sviluppo può essere la soluzione migliore. L’importante è che tutti i giocatori possano avere le idee chiare su quello che succederà. Mi va bene avere una divisione dei livelli: avere ragazzi che giocano in Francia e Inghilterra che sono i migliori, credo lo saprete presto ma la prossima estate partiranno anche altri; poi avere un gruppo di grandi giocatori come quello del Benetton e poi avere un gruppo di sviluppo come quello delle Zebre. È un modello che può funzionare secondo me”.

Francesco Palma

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