Lo dice Michael Hooper, ex capitano dell’Australia. Una soluzione per accrescere le competenze dei giocatori senza indebolire i Wallabies

Michael Hooper: “Dovremmo mandare i nostri giovani in prestito all’estero” – ph. Sebastiano Pessina
Michael Hooper è tornato da poco a giocare. Malgrado si fosse ritirato, ha rimesso ai piedi gli scarpini per giocare un’altra stagione nel massimo campionato giapponese con i Toyota Verblitz.
I suoi occhi, però, rimangono puntati sui Wallabies, la squadra che ha rappresentato oltre cento volte e di cui è stato a lungo capitano.
Una squadra che si è data una regola: non si selezionano i giocatori che militano fuori dall’Australia. Una norma spesso contestata, i cui limiti sono stati più volte allargati e ristretti, e che ha consentito spesso alle franchigie del Super Rugby di mantenere alle proprie dipendenze i migliori talenti del paese, ma che in altre circostanze ha rappresentato un ostacolo al mettere in campo la più forte nazionale possibile.
Per Michael Hooper il trasferimento all’estero non dovrebbe essere un tabù. L’ex capitano, anzi, sostiene che un’esperienza altrove potrebbe essere positiva per due tipi di giocatore.
Leggi anche: URC: il capitano delle Fiji Waisea Nayacalevu agli Ospreys
“Il primo è quello di un giocatore con un minutaggio alto che ha già una certa esperienza, come può essere un Rob Valetini – ha detto il terza linea al podcast Inside Line – Beneficerebbe di inserirsi in un progetto con buoni allenatori, buoni giocatori e la possibilità di fare un’esperienza diversa da qualche parte dove non debba giocare 50 partite a stagione. Un anno all’estero in Giappone sembra fatto su misura.”
“L’altra categoria sarebbe quella dei giovani giocatori. I nostri club del Super Rugby potrebbero inviare i giocatori in prestito in giro per il mondo. All’inizio della carriera si troverebbero esposti a una cultura diversa, fuori dalla casa dei genitori. Per un giocatore tra i 18 e i 22 anni sei mesi del genere sarebbero un beneficio enorme sul lungo termine.”
Del tema dei trasferimenti all’estero si è tornati a parlare molto in Australia in questa stagione perché, dopo il tour dei Lions in estate, un certo numero di giocatori sta pensando di giocare all’estero nel 2026 per poi tornare disponibili per i Wallabies nel 2027, anno della Rugby World Cup in casa.
Len Ikitau, l’autore del passaggio decisivo nella meta della vittoria dei Wallabies sull’Inghilterra a Twickenham, è un esempio virtuoso: ha da poco rinnovato il contratto con la federazione australiana, ma nell’accordo è incluso un periodo sabbatico di 9 mesi durante i quali sarà un giocatore degli Exeter Chiefs in Premiership. Tornerà poi in Australia alla fine della stagione europea del 2025/2026.
Potrebbero seguirne l’esempio altri nomi grossi del rugby australiano in scadenza di contratto a fine 2025: Fraser McReight, Noah Lolesio, Nick Frost, Tom Wright, Jake Gordon e Taniela Tupou.
Cari Lettori,
OnRugby, da oltre 10 anni, Vi offre gratuitamente un’informazione puntuale e quotidiana sul mondo della palla ovale. Il nostro lavoro ha un costo che viene ripagato dalla pubblicità, in particolare quella personalizzata.
Quando Vi viene proposta l’informativa sul rilascio di cookie o tecnologie simili, Vi chiediamo di sostenerci dando il Vostro consenso.