Marco Riccioni: “In Inghilterra vivono la squadra e il fare squadra in modo diverso”

Il pilone dell’Italia ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera dove tratta diversi argomenti della sua vita fuori dal campo

Italia, Marco Riccioni: “Tornare in Abruzzo e in Italia è sempre bello”

Marco Riccioni ha solo 27 anni, ma è uno dei veterani del gruppo azzurro. Domenica 9 marzo ha giocato titolare contro l’Inghilterra, ritrovandosi ad affrontare molti dei giocatori che condividono il campo con lui in Premiership.

L’Italia ha combattuto per un tempo, poi i padroni di casa sono riusciti ad avere la meglio nella seconda parte di gara, quando la maggior brillantezza, organizzazione e fisicità degli uomini di Steve Borthwickha avuto la meglio.

A Twickenham Riccioni ha conquistato il 32esimo cap di una carriera già importante, anche se segnata da alcuni infortuni che non lo hanno mai abbattuto.

Il pilone destro dei Saracens ha parlato di questo e di altre tematiche che riguardano il ‘fuori campo’ in un intervista al Corriere della Sera.

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Marco Riccioni: “Il ragionamento sul futuro è ovvio che lo fai: ci provi o lasci perdere?”

Marco Riccioni proviene da una famiglia di origine romana ed è cresciuto a Teramo. I suoi genitori si occupano di ristorazione e sua madre ha sposato il veganesimo, una scelta che anche lui non esclude per il futuro.

«Guardo al cambio dello stile alimentare di mia mamma con grande interesse. Quando ha cominciato è stato uno choc però io e mio fratello eravamo già andati a vivere fuori casa. Non conosco rugbisti in attività che siano vegani, anche se ricordo che Mirko Bergamasco lo era diventato verso la fine della sua carriera. Tanti giocatori di football americano della Nfl sono vegani, però. Diciamo che è difficile e impegnativo mettere assieme il pranzo con la cena; vivessi insieme a mia mamma, forse ci proverei».

Nel suo percorso di crescita la famiglia ha avuto un significato importante, a partire da suo nonno che gli ha trasmesso i valori basilari della vita. Poi la trafila dell’attività giovanile, passando per il campionato italiano e l’attività in franchigia, sempre con la valigia in mano.

«Io sono uscito di casa a quattordici anni, per non farci mai più ritorno in pianta stabile: ho fatto i primi due anni a L’Aquila, poi altri due a Roma con l’Accademia della nazionale. Il primo contratto vero l’ho avuto alla Benetton, a Treviso; sono stato anche a Calvisano, sempre nella massima serie, quindi a Londra coi Saracens».

Nel corso dell’intervista Riccioni ha parlato anche di cifre e della difficoltà di costruirsi  un avvenire senza troppe certezze.

«A Calvisano prendevo sugli ottocento euro, che a stento potevano bastare per le spese e la benzina. Il ragionamento sul futuro è ovvio che lo fai: ci provi o lasci perdere? Mio fratello a un certo punto ha abbandonato e si è iscritto a giurisprudenza, infatti oggi
fa l’avvocato. Io mi ci sono buttato a testa bassa, nel rugby. Volevo vedere che cosa sarebbe successo, dove sarei arrivato, anche perché a scuola non ero certo uno dei migliori della classe. A Treviso un giocatore della mia età e con la mia esperienza poteva ambire a uno stipendio sui duemila-tremila euro. In molti, per esempio ragionavano al contrario: si tenevano il rugby per pagarsi gli studi. Io ho tenuto duro fino aquando, poi, non ha squillato il telefono….».

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Marco Riccioni: “Noi italiani siamo molto più uniti e molto più uguali di quanto noi stessi non ci raccontiamo”

Dal 2021 Marco Riccioni milita nei Saracens, la squadra con cui si è laureato campione d’Inghilterra nel 2023. Da quando il suo contratto con il Benetton è andato in scadenza, non ha mai avuto esitazioni ad accettare la proposta del club londinese.  È stato premiato quale migliore pilone destro della Premiership 2022-2023, confermando il feeling con lo stile di gioco inglese. L’accoglienza che ha ricevuto è stata ottima e lo conferma lui stesso.

«Sono su da quattto anni sono felice. Il bello è che sono partito con una mezza consapevolezza di conoscere l’inglese anche se, quando sono arrivato, mi sono reso conto che a volte mi sembrava cinese. Ero uscito di casa presto, ero stato un emigrante “interno”, avevo viaggiato in lungo e in largo attraverso l’Italia maturando la consapevolezza che noi italiani, a dispetto delle differenze tra Nord e Sud, siamo molto più uniti e molto più uguali di quanto noi stessi non ci raccontiamo. Fuori, quantomeno per la mia esperienza siamo sempre accolti benissimo».

In Inghilterra il rugby si vive in una dimensione particolare, a partire dai luoghi di aggregazione.

«Altrove, parlo della realtà inglese, vivono la squadra e il fare squadra in modo diverso. Prenda la tradizione del pub: per loro è imperdibile frequentare tutte le sere questo posto che annulla le diversità di ciascuno, in cui l’operaio e il top manager di una banca finiscono per diventare quasi indistinguibili».

Il rapporto con i compagni di squadra, gli interessi per attivià diverse dal rugby, la resilienza dopo i brutti periodi causati dgli infortuni, l’amore per la cucina e la passione per la musica rap. Nella vita di Marco Riccioni c’è spazio per una moltitudine di cose.

«Mi riposo cucinando, facendo assaggiare la cucina italiana ai miei compagni di squadra a Londra, mostrando che c’è vita oltre il riso con ketchup e il pollo messo sopra la pasta. Può sembrare banale ma essere italiani all’estero vuoi dire anche questo. E mi rilasso anche col ferro da stiro, oltre che con la lettura. Grazie alla mia fidanzata, che fa la personal trainer a Milano e si occupa anche di persone con diversi disturbi, inclusi quelli alimentari, mi sto appassionando alla saggistica sul gender gap, sul grande divario che subiscono le donne rispetto agli uomini».

Infine il rapporto con i fan, di cui Marco Riccioni va orgoglioso e che non vuole mai deludere: “Ci penso tutte le volte che mi chiedono anche solo una foto. E faccio di tutto per esserne all’altezza, per quello che posso.”

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