Marco Bortolami, un capitano a cuore aperto tra Zebre e Italrugby

Intervista al seconda linea fermo ai box per infortunio. Tra Aironi, Zebre e un futuro da allenatore. Forse.

E’ fermo da giugno per dei guai alla spalla. La strada del rientro è ancora abbastanza lunga ma ben imboccata. Marco Bortolami, capitano delle Zebre ed ex capitano azzuro si è concesso a onrugby.it per una lunga intervista.

Prima cosa, fondamentale direi: come stai e quando ti rivedremo in campo?
Bene, la spalla non mi dà fastidio, domani (martedì, ndr) ho un controllo e lunedì una nuova TAC. Se i risultati saranno in linea con gli ultimi il più è passato. Se tutto va bene potrei essere in campo ai primi di gennaio, ma ora è meglio fare le cose con calma, passo dopo passo. A inizio dicembre avremo le idee un po’ più chiare. L’obiettivo è chiaramente il Sei Nazioni, ma dopo due operazioni non riuscite bisogna fare le cose con un attimo di precauzione.

Stai vivendo questa nuova avventura con le Zebre un po’ dall’esterno, tuo malgrado. Riesci a far parte integrante del gruppo nonostante l’infortunio?
Sì, vado molto spesso agli allenamenti, parlo con i ragazzi. Cerco di dare un minimo contributo sulle rimesse laterali e nell’analisi dell’avversario. Mi metto a disposizione. Chiaro che è un po’ limitante ma cerco di dare quello che posso, spero di stare con loro in campo il prima possibile.

E’ frustrante?
Mah, è stato più frustante dover affrontare due operazioni chirurgiche non riuscite, è una cosa che non doveva succedere e non è stato facile affrontare quei momenti. Ora però è tutto passato.

Una esperienza che forse tra qualche anno ti servirà, se decidessi di fare l’allenatore.
Eh, mi piacerebbe. Ho ancora qualche anno di gioco ma mi piacerebbe poi intraprendere quella strada, allenare e trasferire ad altri quello che ho imparato in tutti questi anni. Ne riparleremo tra un po’.

Hai vissuto l’inizio dell’avventura con gli Aironi, ora quella con le Zebre. C’è qualche differenza?
Anche con gli Aironi l’inizio era stato positivo, c’era molto entusiasmo e sul campo si è sempre cercato di lavorare duramente. Poi le cose sono andate diversamente e i miglioramenti non sono arrivati in maniera così decisa e nei tempi che avremmo voluto. Però alla fine dei due anni eravamo arrivati in una condizione abbastanza solida di costruzione di squadra e di gruppo. Ora abbiamo dovuto ripartire da zero o quasi. C’è un gruppo di giocatori ex Aironi che ha permesso di costruire uno zoccolo duro con già alle spalle delle esperienze celtiche, ma gli equilibri di una squadra si basano su molte cose. Essere usciti dalle esperienze extra-sportive con gli Aironi ci ha permesso di rinfrescare motivazioni e ambiente.

Forse la vera differenza tra Zebre e Aironi è la quantità di giovani con poca o pochissima esperienza internazionale. Tra di voi ce ne sono davvero tanti, gli Aironi erano più esperti.
Sono assolutamente d’accordo. Con gli Aironi partivamo da una situazione migliorabile, ma il mix era diverso, qui abbiamo metà squadra quasi completamente vergine da certe esperienze. C’è molto lavoro da fare ma i margini di miglioramento sono molto ampi. E se si lavora bene i miglioramente possono essere repentini, come credo che la partita di venerdì a Glasgow abbia dimostrato.

Volendo vedere il bicchiere mezzo pieno è innegabile che in Scozia le Zebre abbiano fatto un passo avanti. Forse non abbiamo visto i migliori Warriors, ma anche in questo un po’ di merito lo avete voi. Se però il bicchiere è mezzo vuoto bisognerebbe dire che finora avete affrontato le squadre che sulla carta sono più avvicinabili, ora arrivano quelle davvero dure.
Beh, Glasgow l’anno scorso ha fatto i play-off e con noi ha giocato quasi nella formazione-tipo. E’ vero che in estate ha perso alcune pedine importanti, ma rimane una buona squadra. Con gli Aironi eravamo sempre andati in difficoltà con loro. E’ vero che ora dovremo affrontare squadre che sulla carta sono più difficili, ma è anche vero che si avvicinano i test-match e poi ci sarà il Sei Nazioni. Anche i nostri avversari non potranno scendere in campo sempre con la migliore formazione, anche le grandi squadre non potranno giocare sempre con il coltello tra i denti. Noi dobbiamo essere bravi ad approfittarne. Ci sono le opportunità, ci saranno, noi dobbiamo essere pronti a coglierle.

Parlavi dei tanti giovani delle Zebre. C’è qualcuno che ti ha colpito particolarmente?
Filippo Cristiano ha delle buone qualità, si deve affinare ma sta dimostrando di valere questo livello. Sarto non lo conoscevo ma ha tutte le carte in regola per fare il salto di qualità. Tra quelli che c’erano già mi aspetto una grande stagione da Benettin. La sfida più grande è quella di dare una mentalità vincente a tutti.

Alberto Chiesa, tuo compagno di squadra, in una intervista su Rugby 1823 proprio oggi si lamentava del ritardo con cui i giovani italiani arrivano a sgrezzarsi e a imparare le skills. Un ritardo di 3-4 almeno che ha delle grosse conseguenze sul movimento.
Imparare a giocare a rugby, nel senso di skills e sensibilità, lo fai da giovanissimo, non puoi farlo a 20 anni ma quando ne hai 12, 13 o 14. L’imparare un gesto tecnico, metabolizzarlo, farlo tuo, lo puoi fare in età giovanissima. In Accademia è troppo tardi. Il lavoro cha va fatto dalle Under 8 in poi è di capitale importanza, soprattutto a livello tecnico, il bambino deve inizare a lavorarci appena gli viene messa una palla in mano.

Chiudiamo con la nazionale. La scorsa settimana un raduno particolare a Bologna: vi siete parlati ma non allenati. Come è andata?
Bene, è stato importante. Un raduno veloce ma fruttuoso. Ci siamo parlati, abbiamo fatto il punto della situazione e abbiamo potuto confrontarci individualmente con lo staff tecnico e i medici. Ora inizia una stagione lunga e difficile. Poi Brunel è un grande allenatore, ha questo approccio che ti regala grande tranquillità e grande determinazione al tempo stesso.

Questa Australia un po’ così? Vi lascia qualche speranza?
Eh, è una squadra strana. Negli ultimi anni raramente si è presentata con l’aurea dell’imbattibilità, però è sempre difficile giocarci contro perché sa fare tutto sempre abbastanza bene, anche quando non sono al massimo. Bisogna giocare al nostro meglio, ma è alla nostra portata. E soffre tanto in mischia chiusa. Però manteniamo i piedi per terra.

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